Recensioni Spettacoli e Opere Teatrali

Nella magia e nell’intimità del Teatro Studio Melato va in scena Matilde e il Tram per San Vittore.
Una storia che parla di donne, di mogli, di sorelle, di figlie, di madri. Siamo tra il 1943 e il 1945, quando iniziano i primi grandi scioperi che aprono una stagione di clandestinità, paura, deportazioni e dolore.
Arianna Scommegna, Debora Villa e Rossana Mola e raccontano la vita milanese in tempo di guerra.

Entri e il sipario è aperto.
Sul palco un campo di grano, una sedia, un cielo blu. In sala frinire di grilli, o cicale(?).Così, come entri e ti accomodi, già cominci ad entrare nel mondo, nel anima di Vincent.
Buio, stacco musicale un po’ violento, aggressivo, luce …ed eccolo Corrado D’Elia/Vincent seduto sulla sedia. E inizia il viaggio.
Viaggio nella vita di Vincent, ma anche viaggio nel suo animo, nelle sue emozioni, nel suo percorso nel arte, nei suoi quadri che sono tappe della sua vita.

Spettacolo originale e particolare nato per caso da un’amicizia scoccata tramite conoscenze ed amicizie comuni tra il pianista Ramin Bahrani (di origini iraniane, emigrato in Italia a causa delle vicende politiche del suo paese, diplomatosi qui a Milano, vive ora a Stoccarda, grande appassionato della musica di Bach) e Gioele Dix, attore e comico ben noto.

Il testo e le dinamiche tra i personaggi sono quelle del testo classico di Čechov, ambientato però in un imprecisato paese del centro/sud Italia devastato dal terremoto, dove nei dialoghi in alcuni momenti vengono inseriti riferimenti precisi alle realtà attuali (riferimenti a ecoscandali italiani come le terre del fuoco, come la Tav, l’Ilva…).

Un giovane (trentacinquenne?!) Massimo (Nicolas Vaporidis), si fa ricoverare per farsi ricostruire un legamento del ginocchio, per poter tornare a giocare a pallone.
In stanza con lui Luigi (Antonio Catania) un lungodegente allettato che ormai conosce tutto di tutti, che cerca in tutti i modi di presentare i “contro” di un’operazione, quasi a convincerlo che è meglio rinunciare e farsi dimettere.

Simone Cristicchi cerca di tracciare una via, un manuale per volare.
Un argomento evidentemente molto caro a Cristicchi, vi ricordate la canzone con la quale già anni fa toccò i cuori e gli animi di molti italiani, “Ti regalerò una rosa”?
Già li il protagonista Antonio terminava con un volo e l’affermazione “ora Antonio sa volare!”

“La notte poco prima delle foreste” è un lungo monologo di Bernard-Marie Koltès, è andato in scena al teatro Franco Parenti dal 6 al 10 febbraio. Sono consapevole di fare un resoconto di un evento ormai terminato (per quanto riguarda la città di Milano) e del quale, quindi non potrete, se incuriositi, godere, ma non posso tacere la meraviglia, lo stupore, l’emozione intensa che questo spettacolo mi ha suscitato.

La Russia degli anni ’20, il regime di Stalin e il crescente peso della dottrina comunista. Un ricco scienziato scopre quella che, a parer suo, è la chiave dell’eterna giovinezza: l’ipofisi. Decide così di effettuare un primo trapianto di ipofisi su un cane randagio, con l’intento di consegnarsi alla scienza come il nuovo Copernico. Purtroppo, o per fortuna, avviene qualcosa di decisamente inaspettato: anziché ringiovanire, il cane si trasforma in uomo.