Era questo che ci chiedeva la Patria? Era questo cimitero.
Era questa landa infinita di croci che avevano significato le parole:
patria, onore, fervida gioventù
Questa sera e domani alle ore 20.00 al teatro Litta MTM andrà in scena lo spettacolo PAROLE IN TRINCEA – Non esistono guerre giuste, drammaturgia e regia Carmen Pellegrinelli e con Michele Eynard e Federica Molteni. Produzione Luna e GNAC Teatro – Residenza Initinere
La sinossi di PAROLE IN TRINCEA – Non esistono guerre giuste
Una donna, una partigiana ricostruisce in un grande viaggio della memoria la storia della sua famiglia, sconvolta all’inizio del secolo dalla Prima Guerra Mondiale. Il Bepo, l’Alessandro, la Sandra, l’Angelina, Natale, Tullio, Nimis, compongono il quadro corale di una vicenda familiare comune a tanti, in cui tutto fu sacrificato alla decisione interventista di pochi.
Un viaggio nella memoria della guerra per non dimenticare una tragedia umana compiuta in nome della retorica nazionalista, che ha cancellato un’intera generazione. Un invito a leggere i segni pericolosi del populismo contemporaneo e per volgerci idealmente e praticamente verso una prospettiva più umana d’inclusione e fratellanza.
Qualche nota di regia di PAROLE IN TRINCEA – Non esistono guerre giuste
Gli attori prendono per mano il pubblico e lo portano con loro attraverso le tappe di una storia familiare che può essere stata comune a tanti. La scena è riempita esclusivamente da una fila di canne di bamboo.
Lo spazio si trasforma, insieme ai corpi degli attori, attraverso lo spostamento delle canne sulla scena. Siamo in una baracca al fronte, in un campo, in una grande famiglia. Siamo in un esercito decimato, in una landa di corpi morti, in una casa calda. Le storie si susseguono una dopo l’altra in una grande narrazione collettiva, come perle di una collana che arriva fino a noi. I personaggi ci invitano a partecipare con empatia alle loro vicende: alla felicità di un innamoramento, alla disperazione di una morte ingiusta, al vuoto per la perdita di un figlio, alla gioia della scoperta di un’amicizia.
Intervista a Michele Eynard
Come ci si sente a tornare su un palco dopo tutto questo tempo?
Ancora non lo so… te lo posso dire quando ci sarò. E’ passato veramente tanto tempo, l’ultimo spettacolo lo abbiamo fatto quest’estate ed è più di un anno che non ne facciamo uno al chiuso…ho anche un pò paura di non essere più capace!
Io ho passato gli ultimi 5 anni in cui facevo 200 spettacoli all’anno, ero molto spesso sul palco e poi il blocco quasi totale. Ho quindi dovuto cambiare vita e fare altre cose e il confronto col pubblico è diventato più occasionale.
“Parole in trincea”, una storia di famiglia, ma in realtà è uno spettacolo che racconta la storia di un popolo. Secondo te si può partire da queste emozioni familiari per riportare al pubblico un pezzo di storia così importante?
Si, ci sono tanti modi di affrontare gli argomenti storici. Tutte le grandi storie sono formate da piccole storie che si sommano. Qui raccontiamo la storia di due famiglie dell’epoca, normalissime, che vengono a contatto durante una tragedia mondiale e, attraverso quello, facciamo emergere le condizioni di vita di quel periodo. Non sono storie vere ma sono state inventate partendo dalla storia quindi sono verosimili.
Chi sono i personaggi di questa storia?
Noi siamo in due in scena, un attore e un’attrice, ma facciamo 10 personaggi. Lo spettacolo è costruito come un’antologia di Spoon River, sono delle persone che raccontano come sono morte o come hanno vissuto in quel periodo, quindi è fatto di tanti monologhi con qualche dialogo.
C’è un personaggio che ti ha particolarmente colpito?
Il primo personaggio che porto in scena, è un soldato che fa parte di un famiglia bergamasca partito abbastanza convinto per la guerra che poi per un errore viene fucilato perché considerato un disertore. All’epoca era una cosa molto comune perché, nella prima guerra mondiale, c’era ancora il retaggio di pensare alla guerra in modo molto ottocentesco. Gli uomini erano carne da canone e contava di più l’esempio che si dava piuttosto del numero di morti. Lui scopre di essere solo una pedina e il suo essere bravo e motivato non conta un gran che, questo mi ha molto impressionato.
La scenografia: pochi elementi essenziali tra cui delle canne di bambù… come nasce l’idea di usare queste canne?
La scenografia ha una piccola storia a parte. Quando ci siamo messi a fare lo spettacolo era pensato su delle testimonianze quindi, in scena, pensavamo di non aver bisogno di nulla, semplicemente ognuno racconta la sua storia. Poi ci siamo chiesti : “E dove siamo a raccontarla? In una specie di cimitero dove ognuno esce dalla tomba…” ma era un’idea un po’ macabra.
Però, al posto delle tombe, volevamo un elemento che segnasse un punto. Casualmente avevo delle canne di bambù che mi servivano per un laboratorio teatrale e ci siamo accorti che erano facilmente spostatili e funzionavano. Con quelle costruiamo diverse immagini, l’interno di una casa, una persona, un campo…
Voi parlate di un’esperienza emotiva con questo spettacolo. Secondo te, soprattutto in un momento cosi difficile, è più semplice o più difficile arrivare al pubblico?
Non lo so… io mi sono accorto, riprendendo in mano questo spettacolo, che era un anno e mezzo che non facevamo, che ora suona in un modo diverso. E’ inevitabile andare col pensiero all’epidemia, alle persone che hai perso. Viene spontaneo pensare alla situazione odierna e quindi credo che anche al pubblico suonerà in modo diverso rispetto ad un anno fa.
Da questo passato (la prima guerra mondiale) e da questo nostro passato “odierno” abbiamo imparato qualcosa?
Io non credo che dalle lezioni della storia si impari molto. Credo che quando uno le vive capisce delle cose ma poi si tende a dimenticare le cose peggiori che sono successe e quando ricapitano si dice “ah si, è come quando c’è stato quell’episodio…” ma non penso che si cambi.
Facendo un teatro che riporta ad un periodo storico molto importante, a delle testimonianze, ad una riflessione, secondo te questa forma di rappresentazione teatrale può arrivare ai ragazzi per fargli vivere la storia in un modo diverso?
Si, di questo sono abbstanza convinto. Il teatro ha questa forza, di parlare direttamente al cuore soprattutto quando è dal vivo. Quando uno spettacolo è fatto di relazioni, non di lezioni, ci si riconosce facilmente a tutte le età. Io credo che sia un ottimo veicolo anche per parlare di argomenti storici, scientifici se si riesce a riportare tutto al fatto umano. L’oggetto del teatro è sempre l’essere umano.
Il trailer di PAROLE IN TRINCEA – Non esistono guerre giuste
Biglietti e informazioni per PAROLE IN TRINCEA – Non esistono guerre giuste
Posto unico € 12,00 – Diritto di prevendita € 1,80
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