teatro menotti

È il Teatro Menotti di Milano ad ospitare la prima personale di Marco Baliani. Dal 28 gennaio al 9 febbraio 2020, l’attore, autore e regista presenterà alcuni degli spettacoli più significativi della sua carriera nell’ambito di una rassegna che coniuga il repertorio di narrazione che lo ha reso celebre agli spettacoli di post-narrazione che danno nuova forma al modo di raccontare di Baliani.

“Il mio nome è Caino” è ispirato all’omonimo romanzo di Claudio Fava, edito da Dalai Editore nel 1997 e, in nuova versione, da Baldini e Castoldi nel 2014. Lo spettacolo era già stato prodotto da Nutrimenti Terrestri nel 2002, con un diverso cast e la regia di Ninni Bruschetta, che in questo suo nuovo adattamento, con Cettina Donato al pianoforte, veste i panni del protagonista. La collaborazione artistica tra Ninni Bruschetta e Cettina Donato è partita nel marzo 2017 ed ha registrato consensi di pubblico e critica, da “I Siciliani di Antonio Caldarella” a “Il giuramento” di Claudio Fava.

Entrare in sala e avere un momento di incertezza e spiazzamento!
Nella sala non ci sono le solite file di poltroncine, o meglio ci sono, ma solo nella seconda parte della sala, mentre nella parte sotto il palco ci sono tavoli apparecchiati e le maschere ti accompagnano ai tavoli come in un ristorante!

Dopo il grande successo della scorsa stagione, riapre Trattoria Menotti, con nuove storie e un menù lombardo tutto da gustare.
Un teatro svuotato da poltrone, quinte, sipari e palcoscenico, dove il pubblico se lo vorrà potrà bere, mangiare, partecipare, ma anche solo guardare ed ascoltare per un viaggio emozionale ricco di suggestioni e sorprese. Non è gradito l’abito scuro!

La società s’inventa una logica assurda e complicata, per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, e io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, il fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti.

Se si parla di Don Chisciotte, tutti noi abbiamo una serie di immagini che ci vengono alla mente: un povero pazzo, illuso, innamorato della cavalleria che confonde immagini quotidiane con mostri ed avversari immaginari. Ecco questo Donchisci@tte, lo dice già quella @ al posto della O non è il Don Chisciotte dell’immaginario comune, non è neanche una semplice trasposizione nella realtà attuale moderna, ma è una riscrittura.

Donchisci@tte. Una scrittura originale che prende ispirazione dallo spirito dell’opera di Cervantes, scagliando una volta di più la simbologia di questo ‘mito’ contro la nostra contemporaneità. Una rappresentazione in cui i mulini a vento vengono sostituiti da moderni mostri contro cui in qualche modo si deve sempre e comunque combattere. Un’analisi inedita dei nostri tempi che passa tra le quinte e il palcoscenico per arrivare in platea e che nel Teatro, luogo e arte, trova un mezzo di comunicazione sicuramente appropriato.