Sono passati quasi 50 anni, sono tanti, ma lo spettacolo del signor G è ancora terribilmente d’attualità. Stupisce e rincuora il fatto che Gaber sia riuscito ad anticipare i tempi, a raccontare la realtà come pochi altri al mondo, ma – allo stesso tempo – di andare oltre.
Dopo due anni di cancellazione dello spettacolo, a causa della restrizione dovute alla pandemia, finalmente in scena la versione definitiva di FAR FINTA DI ESSERE SANI (qui potete leggere la nostra recensione) di Giorgio Gaber al teatro Menotti con la produzione TIEFFE TEATRO MILANO in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber.
Monologhi e canzoni per riscoprire quel percorso narrativo con cui Gaber e Luporini nel 1973 affrontavano i temi universali del disagio sociale e generazionale, puntando l’attenzione sull’essere schizoide dell’uomo contemporaneo. Da una parte pronto agli slanci ideali, dall’altra tenuto a terra dal proprio egoismo e dai finti bisogni materiali. Temi e contenuti quanto mai attuali in questo tempo segnato dal Covid.
Sul palcoscenico Andrea Mirò, artista eclettica come pochissimi altri in Italia, polistrumentista, autrice, cantante e direttore d’orchestra e Enrico Ballardini, attore, musicista e cantautore.
Le musiche sono arrangiate dalla travolgente band Musica da Ripostiglio, presente da anni sui palchi dei festival di jazz e sui palcoscenici teatrali di tutta Italia.
Quattro chiacchiere con Andrea Mirò
Far finta di esser sani arriva in un momento estremamente difficile dopo due anni di lunga attesa. Come vi sentite ad affrontare questi temi così “incredibilmente”attuali?
Ci sembra di aver intercettato lo spettacolo perfetto! E’ uno spettacolo di Gaber e Luporini del ’73 e come sempre il Signor G intercetta tutte le problematiche che l’essere umano si porta con se, al di la dell’italianità dei fatti. In generale è un esame, un tentativo di prendere coscienza, il porsi delle domande sulla mediocrità, sulla grandezza e sulla pochezza, sulle difficoltà, sull’impossibilità di comunicare dell’essere umano.
Il fatto di farlo oggi non cambia niente, alla fine è uno spettacolo attualissimo, i contenuti sono attualissimi i pezzi altrettanto e ci siamo guardati tutti e abbiamo capito che non poteva essere scelto uno spettacolo migliore.
Gli inizi dello spettacolo…
Alla fine del 2019 noi ci eravamo parlati, organizzati per le prove, abbiamo iniziato a scegliere il materiale con il regista e poi è scoppiata la pandemia.
Abbiamo fatto qualche data estiva nel 2020 ma ci sono state delle grosse difficoltà. La cosa bella di essere riusciti un anno dopo a metterlo in scena è stata una grande soddisfazione non solo nostra ma anche di pubblico che ha risposto benissimo, un pubblico che ha voglia di riprendere a vivere.
Il problema è che comunque non siamo riusciti a fare tutte le date e le stiamo recuperando perchè alla fine per colpa di Omicron, che si spalmata anche su di noi, abbiamo dovuto rinunciare alle ultime date compreso Capodanno.
Gaber parla di questo “essere umano” che parte da grandi slanci e poi torna ad essere egoista. Tornando alla contemporaneità si diceva che dovevamo essere cambiati dopo questa pandemia, essere migliori… ma in realtà si rispecchia ancora il pensiero di Gaber ovvero che rimaniamo quelli di prima.
Io credo che sia anche peggio, siamo peggiorati. Quello che vedo in giro non è tanto il problema pandemico ma il problema sociale. C’è un’aggressività, una divisione…
Io sono vaccinata, ma prendere in giro chi non lo è facendo un identikit del non vaccinato a livello di studi è raccapricciante, è a tratti schizofrenia allo stato puro che non mi aspettavo.
Quando ciò che è sanitario e scientifico diventa strumento politico abbiamo perso tutti, ognuno di noi deve fare il suo mestiere, tutti sono tuttologi.
Quando ho letto il titolo “Far finta di essere sani” ho avuto un pensiero… oggi viviamo tutti in questa modalità. Uno starnuto può essere un deterrente.
Alla fine della fiera i contenuti di Gaber sono anche questo, anche se lui non immaginava la pandemia.
L’essere umano è strutturato in un modo per cui ha un sacco di lacune e debolezze che purtroppo vengono fuori in situazioni come quelle attuali dove esce tutto il peggio di noi. Gaber ne parla, come l’essere umano che non si riconosce nello specchio, che si fa delle domande sulla sua vita e non ne viene a capo, non capisce cosa fa al mondo, si vuole suicidare… il Signor G fa si che si rida e si pianga con la doppia valenza che serve a esorcizzare, sottolineando sempre però la libertà. Un grande obiettivo per tutti noi che siamo pieni di pregiudizi e carichi di sovrastrutture che rendono il raggiungimento di questo a volte molto difficile o addirittura inarrivabile.
Secondo me dovremmo ascoltarci di più e non mollare mai la voglia di superare gli ostacoli per raggiungere la libertà anche se oggi non è facile dato anche ciò che ci viene imposto dall’esterno.
Come è avvenuto il tuo incontro con Enrico Ballardini?
Noi ci eravamo incontrati già sul palco del Menotti per un altro spettacolo che era “Talking Guccini” che è uno spettacolo fantastico con Lucia Vasini, Flaco Biondini (Chitarrista di Guccini), Alessandro Misi e dove noi ci siamo divertiti tantissimo.
Quindi quando ho saputo che avremmo diviso ancora una volta il palco insieme anche a Musica da Ripostiglio, non potevo che esterne molto felice.
Lo spettacolo merita davvero tanto e direi che Covid permettendo dovrebbe avere un Tour nazionale.
Ti sei sentita un attimo “in imbarazzo” a riportare Gaber su un palco?
Ma sai l’affrontare grandi personaggi ti fa sentire sempre piccolino, poi però capisci che è una paura infondata perchè i grandi, che hanno lasciato un segno sono più che toccabili ma devono essere riproposti facendoli tuoi e non riproporre una macchietta.
Quando hai materiale di qualità, puoi riarranggiare, riproporre senza paura perchè non è possibile svilirlo.