“Mine vaganti” è il debutto teatrale, nei panni di regista, di Ferzan Özpetek, produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo con coproduzione Fondazione Teatro della Toscana. È l’adattamento del film omonimo di Özpetek del 2010, portato nei teatri italiani nel 2022. A Milano va in scena dall’8 al 20 marzo 2022 al teatro Manzoni.
La sinossi di “Mine vaganti”
Tommaso è il minore dei fratelli Cantone, vive a Roma lontano dalla famiglia stanziata nella provincia napoletana e, a loro insaputa, ha una relazione avviata da tempo con Marco, con il quale convive. Deciso a fare coming out con i parenti, per quanto spaventato dal loro conservatorismo, si dirige verso casa.
Un attimo prima di trovare la forza di svelare il tutto, però, il fratello maggiore Antonio lo anticipa facendo lui stesso coming out. La rivelazione di Antonio porta ad una spaccatura familiare, soprattutto nei confronti del padre che non riesce ad accettare l’orientamento sessuale del figlio.
Da qui i tentativi di Tommaso di riappacificare la famiglia, nel mentre tentando lui stesso di rivelare il suo orientamento con il terrore però di portare ulteriore scompiglio.
Il cast di “Mine vaganti”
Francesco Pannofino interpreta Vincenzo Cantone, il burbero padre di famiglia.
Vincenzo rappresenta appieno un uomo della precedente generazione non in grado di rapportarsi con l’accettazione del diverso. Non si fa problemi a cacciare di casa il suo Antonio, “colpevole” semplicemente di essere omosessuale ed antepone all’amore del figlio la paura di essere giudicato dai compaesani, anch’essi legati ad una normalità che di normale non ha e non ha mai avuto nulla. Il tutto condito dal classico rivolgersi alla comunità gay con epiteti che non posso riportare.
Che cosa puoi dire di Pannofino che non sia già stato detto? L’interpretazione funziona alla grande, riuscendo a dare una connotazione a tratti grottesca al suo personaggio, del quale ridere riconoscendo la sua inadeguatezza.
Iaia Forte interpreta Stefania Cantone, moglie di Vincenzo e madre dei fratelli Tommaso e Antonio.
Anche Stefania condivide col marito la non accettazione della realtà alla quale è sottoposta. Contrariamente da Vincenzo, però, è tormentata dal non riuscire a comprendere cosa abbia “afflitto” il figlio maggiore per “portarlo ad essere omosessuale”, non accorgendosi che questa sua ricerca di una soluzione non porta che a distaccarla ancora di più dai figli.
D’altro canto, Forte riesce a rendere il tutto molto credibile, donando anche al suo personaggio quei tratti grotteschi che condivide col marito, per quanto faccia trasparire, sotto sotto, un amore verso il figlio Antonio.
Erasmo Genzini interpreta Tommaso Cantone, il minore tra i due fratelli.
Tommaso si è allontanato dalla famiglia dalla quale si sentiva caricato di aspettative non volute per inseguire il suo sogno di diventare scrittore e per vivere liberamente la sua omosessualità.
Protagonista e narratore dell’opera, ha il desiderio di rivelare il suo vero io alla famiglia per liberare in primis se stesso dal fardello che porta, nonostante si renda conto che il gesto causerebbe scompiglio in una famiglia medio-borghese di vecchio stampo che non vede di buon occhio chi, secondo loro, è “diverso”.
Genzini ha forse il ruolo più complesso di tutti, dovendo sorreggere il peso di un protagonista che nel corso dell’opera mostra un ventaglio emotivo non indifferente. La performance risulta comunque solida e convincente, riuscendo fin da subito a far empatizzare il pubblico nei confronti di Tommaso.
Veramente toccante il dialogo con la collega Roberta Astuti/Alba dove i due personaggi hanno modo di entrare più in contatto condividendo aspetti personali della vita di entrambi.
Carmine Recano interpreta Antonio Cantone, il maggiore tra i due fratelli.
Antonio si è ritrovato a gestire il pastificio di famiglia, ma senza l’aiuto di Tommaso. Venendo a sapere in anticipo dell’omosessualità del fratello, decide anch’egli di rivelare alla famiglia il suo segreto, prima che Tommaso gli rubi involontariamente la scena lasciandolo solo con il suo non detto. Non detto che lo ha portato a vivere con enorme peso l’attività lavorativa alla quale è legato.
Per quanto il personaggio appaia per minor tempo sul palco, Recano riesce a trasmettere appieno il tormento di Antonio. Il confronto col fratello è uno dei punti più alti dell’intero spettacolo, dove Recano e Genzini ci fanno entrare appieno nel loro amore/contrasto.
Simona Marchini interpreta la nonna dei fratelli Cantone e madre di Vincenzo. Fin da subito il personaggio spicca tra gli altri per la sua eleganza e l’aura di saggezza che la circonda, ma anche per un velo di malinconia che si porta dietro. Lei stessa infatti cela un personalissimo segreto che verrà svelato pian piano agli spettatori e che donerà nuove sfumature al personaggio.
Marchini porta in scena un’interpretazione intensa, dando modo alla nonna di vestire i panni della vera madre di famiglia, quella che ama i suoi discendenti a prescindere dal loro essere. C’è un momento in particolare dove, lei sola in scena, regala un monologo toccante, ma non mi esprimo ulteriormente, il monologo non merita di essere approssimato dalle parole.
Completano il caso, in ordine alfabetico:
Roberta Astuti che interpreta Alba Brunetti;
Sarah Falanga che interpreta Luciana;
Mimma Lovoi che interpreta Teresa;
Francesco Maggi che interpreta Andrea;
Luca Pantini che interpreta Marco;
Edoardo Purgatori che interpreta Davide.
Regia: Ferzan Özpetek
Scene: Luigi Ferrigno
Costumi: Alessandro Lai
Luci: Pasquale Mari
Dove vedere “Mine vaganti”
“Mine vaganti” va in scena a Milano al teatro Manzoni, in via Manzoni 42, dall’8 al 20 marzo 2022.
Per prenotazioni è possibile contattare la biglietteria del teatro:
- Orari dal lunedì al sabato: 10:00 – 19:00, aperta anche 45 minuti prima di ogni spettacolo
- e-mail: cassa@teatromanzoni.it
- Telefono: 02 7636901
La nostra recensione
Se all’uscita del film nel 2010 la lotta per l’accettazione dell’orientamento sessuale e di genere stava pian piano prendendo peso politico e sociale, a dodici anni di distanza in Italia ancora è presente, purtroppo, una forza conservatrice non indifferente, che frena un progresso sociale necessario al giorno d’oggi.
“Mine vaganti” risulta quindi (da un certo punto di vista oserei dire tristemente) ancora molto attuale, andando a rappresentare luci ed ombre di una famiglia italiana non pronta ad accettare un figlio per quello che è. Il tutto ricade su quest’ultimo, che si sente vittima di un peso enorme da tener nascosto per paura delle conseguenze alle quali teme andrà incontro.
Ciò però non sfugge ad Özpetek, che sceglie di rappresentare l’inadeguatezza della famiglia nell’affrontare la realtà dei fatti restituendoci personaggi tragicamente comici e fuori luogo nelle loro azioni durante tutto lo spettacolo.
A ciò troviamo legata a braccetto l’eterna sfida tra generazioni. Una, capitanata spiritualmente da Tommaso, ha urgenza di accettazione e libertà nell’inseguire chi sentiamo di voler essere. L’altra, in contrapposizione alla prima e qui capitanata da Vincenzo, rappresenta un vecchio modo di vedere ed accettare una realtà che, inevitabilmente, cambierà, come sempre è stato, e che cerca quindi in tutti i modi di cristallizzare quel che la circonda.
Chi fa la differenza in questa sfida è la nonna, il personaggio più anziano che appare in scena, la quale fin da subito si fa notare in mezzo agli altri personaggi per essere una donna saggia sulla quale ricade l’urgenza di riappacificare una famiglia divisa.
Il tutto è portato in scena a regola d’arte da un affiatato cast corale. Per quanto alcuni personaggi abbiano, purtroppo, meno peso di altri nello scorrere dello spettacolo, non si può non notare come tutti abbiano dato il meglio che potevano nella realizzazione della performance.
Degno di nota l’aver reso il pubblico di fatto partecipe in prima persona allo spettacolo, la cui impostazione rende gli spettatori gli abitanti stessi del paese dove vive la famiglia Cantone. Quest’ultima, a più riprese, si rivolge direttamente a noi con un’aria assai terrorizzata causata dalla paura del giudizio se si dovesse scoprire la verità sul figlio Antonio.
Non posso quindi che consigliare caldamente la visione di “Mine vaganti”, uno spettacolo potente, attuale ed inscenato con classe. È ancora in scena a Milano nel momento in cui la recensione viene stilata, ma lo spettacolo andrà avanti approdando in altri teatri del paese, quindi ci sono poche scusanti per perderselo!
Trasportare un’opera cinematografica in una teatrale non è impresa da poco. Dal punto di vista di uno che non ha visto il film, la versione teatrale ha funzionato egregiamente, riuscendo comunque a trasmettere il messaggio portante voluto dal regista.
L’ottimo cast teatrale si differisce in toto da quello della controparte cinematografica. Questo dà ulteriore modo alla pièce di emanciparsi dal film dalla quale è tratta, permettendole di avere vita propria per quanto entrambe le rappresentazioni siano legate dalla stessa storia.
Coinvolgere il pubblico portando la recitazione fuori dal palco e rivolgendosi direttamente a qualcuno scambiando anche solo due battute fa sempre piacere, riesce a farti immergere ancor di più nella storia narrata.
Non tutti gli attori, per quanto ognuno all’altezza del ruolo, hanno avuto modo di brillare allo stesso modo. Un cast di undici elementi va da sé avrà personaggi più importanti di altri, ma vista la già citata bravura del cast tutto sarebbe stato interessante dare il giusto spazio a tutti.