Fabrizio Gifuni riporta in luce Aldo Moro nei suoi 55 giorni di prigionia
CON IL VOSTRO IRRIDENTE SILENZIO
“Con il vostro irridente silenzio” è un “esperimento teatrale”, come lo definisce Fabrizio Gifuni, con il quale il Piccolo Teatro di Milano inaugura la stagione 2020-2021.
“Con il vostro irridente silenzio” è una frase scritta da Moro in una delle sue ultime lettere indirizzata ai suoi compagni di partito.
Questo esperimento teatrale nasce da Nicola Lagioia che si mette in contatto con Fabrizio Gifuni alcuni mesi primi dell’apertura del Salone del Libro di Torino che si inaugurava proprio il 9 maggio 2018, quarant’anni dopo l’uccisione di Aldo Moro.
Lo contatta proprio per proporgli di aprire l’edizione con un lavoro di Gifuni su Moro.
La scelta di Fabrizio Gifuni è stata non di creare un nuovo testo, tra i tanti che già erano stati proposti, ma di partire e lavorare soltanto sulle parole di Aldo Moro, su ciò che lui aveva prodotto in quei lunghi 55 giorni di prigionia che precedono la sua morte.
LO SPETTACOLO
Con il vostro irridente silenzio prende il via con un preambolo abbastanza corposo in cui Gifuni si rivolge al pubblico, dando una collocazione storica dei fatti che poi verranno illustrati.
Fornendo alcune informazioni su le tappe con cui vengono alla luce gli scritti di Aldo Moro.
Una prima parte sono le lettere che vengono inviate ai colleghi di partito, alla moglie e alla figlia e che verranno rese pubbliche alcune contro la sua volontà; alcune pagine estratte dal processo a cui le Brigate Rosse lo sottopongono, solo una decina.
Poi vi è un pacco di poco meno di 50 fogli ritrovati dal Generale Dalla Chiesa in un appartamento di Milano; infine un ben più corposo blocco di fogli, 419, fotocopi di originali autografi. Questi fogli sono costituiti da alcune lettere mai recapitate e dal famoso Memoriale Moro, costituito dalle risposte fornite durante l’interrogatorio delle Brigate Rosse.
Con il reading “Con il vostro irridente silenzio” Gifuni pone e propone al pubblico anche due domande: una è come mai le BR avendo in mano tutto questo materiale straordinariamente importante dal loro punto di vista, non rendono noto nulla, se non appunto una decina di pagine?
La seconda è rivolta a noi contemporanei: come mai quando finalmente vengono alla luce e rese disponibili a tutti quelle pagine, il Memoriale e le lettere sono acquistabili in qualsiasi libreria, quasi nessuno si sia preso la briga di leggerle, di approfondire, quasi come fossero inutili, appartenenti ad un passato che non ci riguarda più?
Dopo questa introduzione, questa sfida…buio in sala.
Fabrizio Gifuni si allontana dal proscenio, s’incammina sul palco, si porta al centro.
Un microfono, un tavolo, una sedia, su cui non si siederà.
In piedi, in maniche di camicia, da inizio alla lettura, alternando pagine di memoriale a lettere ai suoi compagni di partito, alla diletta moglie agli amati figli, al Papa perfino.
Rivediamo così la vicenda Moro attraverso gli occhi della vittima.
Attraverso le pagine del suo memoriale, ci offre un analisi ed un immagine ben chiara della situazione politica del momento delle complesse dinamiche sia interne, che delle influenze esterne, estere, che sembrano avere pesi molto importanti.
Attraverso le sue lettere, soprattutto ai compagni di partito si palesa la disperata lotta che conduce contro il mondo che lo ha abbandonato, che si arrocca sulla posizione nessuna trattativa con i rapitori; che di fronte alle sue parole taglienti di rimprovero, preferiscono credere e far credere che Moro sia manovrato, plagiato dai suoi rapitori.
“È vero: io sono prigioniero e non sono in uno stato d’animo lieto. Ma non ho subito nessuna coercizione, non sono drogato, scrivo con il mio stile per brutto che sia, ho la mia solita calligrafia. Perché non mi credete? Chi vi suggerisce di non credermi? Amici, non vi lasciate ingannare. Vi supplico in nome di Dio.” (lettera al partito DC del 28/04/1978)
Attraverso le lettere ai suoi cari dove si scorge l’uomo affettuoso, pieno di amore e di attenzioni per la moglie e i figli; dove si scorge il dolore che lo opprime per questo abbandono di tutto il mondo politico, della quasi indifferenza che lo circonda.
IDEATORE, DRAMMATURGO ED INTERPRETE
“Con il vostro irridente silenzio” è
«un percorso impegnativo in cui ho cercato di lasciarmi guidare dalla mia sensibilità di uomo di teatro» (F. Gifuni)
Così parla di questo suo lavoro Fabrizio Gifuni.
Gifuni continua un suo percorso, già iniziato con i lavori su Gadda e su Pasolini, che vuole mettere insieme le parole che vengono dal passato, da grandi autori, giornalisti, intellettuali o come in questo caso politici, per aiutarci a ricostruire una mappa degli italiani per capire cosa eravamo e cosa siamo diventati.
Fabrizio Gifuni è ancora una volta potente, graffiante, accorato.
Con la sua lettura recitata dà forma, spessore, corpo, un corpo grondante indignazione, dolore, rabbia perfino, ma anche tanto dolcissimo affetto e cura amorosa per la sua famiglia.
Le parole scritte da Moro, che sulla carta possono suonare pacate, ponderate, misurate, assumono attraverso la voce appassionata di Gifuni e attraverso i pochi, ma significativi gesti, la passione ardente ed il lacerante dolore dei personaggi tragici shakespeariani.
Il suo coinvolgimento è tale che finisce per assumere anche una somiglianza fisica con Aldo Moro
CONCLUSIONE
Con il vostro irridente silenzio, scuote profondamente.
E’ un meteorite, dice Gifuni nel prologo iniziale.
E davvero è un masso, un meteorite, che forse nel tempo si è raffreddato, ma conserva un nucleo ancora rovente.
Stupefacente scoprire come Aldo Moro già 50 anni fa avesse visto chiaro nei molteplici aspetti della politica, nel ruolo dei paesi europei e degli Stati Uniti.
Come avesse visto ben chiaro nella realtà del mondo della stampa e dei gruppi editoriali e delle questioni delle libertà e dei diritti umani.
Un vero meteorite scoprire le parole di sdegno e indignazione verso i suoi compagni di partito. Le parole di rifiuto con cui prende le distanze per sempre dal suo partito.
Una sconcertante sorpresa sentire come parole scritte 50 anni fa siano ancora oggi così contemporanee, quasi a dirci attenzione non siamo poi così diversi da allora! Attenzione quest’uomo aveva una visione chiara e proiettata nel futuro.
«Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo» (lettera a Eleonora Moro – 5/05/1978)