Ci sono viaggi che portano a un cambiamento dentro noi stessi, che può essere spirituale, mentale o comportamentale.
Emanuele Anceschi
Emanuele Anceschi, di cui vi avevamo parlato in occasione dell’uscita del suo primo libro “Storia di una festa mobile” torna con un nuovo lavoro “Viaggi e riflessioni di un montanaro reggiano” pubblicato da Brè Edizioni, dove il mondo del viaggio è sempre al centro dei suoi lavori e del suo essere, assumendo sfaccettature che non sono certo quelle del tour operator… per capirci subito!
La sinossi di ” Viaggi e riflessioni di un montanaro reggiano”.
L’autore e viaggiatore, in questa opera, cerca di comprendere la complessità del mondo, guardando le altre culture con curiosità e umiltà.
Egli ripercorre quei viaggi che lo hanno portato a riflettere in maniera differente sulle cose del mondo. Dalle spiagge dell’Australia e della Polinesia a quelle di Miami, dai templi dell’Asia buddista ai locali di Minsk e Mosca, dai Paesi baltici alla natura del Sudafrica e del Nepal. Passeggiate per le vie del centro, litri di birra e vodka, feste e chiacchiere, nuove conoscenze ed esperienze nella natura incontaminata. Solo viaggiando e cercando di abbattere le strutture mentali imposte dalla nostra società di appartenenza, potremo veramente arricchirci, capire la complessità del mondo e aumentare l’empatia tra i popoli. Alle proprie esperienze di viaggio l’autore collega il pensiero di sociologi, filosofi, scrittori e registi di cui si serve per rendere chiare le proprie riflessioni. Inoltre al termine dei capitoli, inserisce miti antichi per evidenziare il proprio pensiero.
Avvalendosi dell’ausilio della mitologia classica, del cinema e della letteratura, l’autore riesce a spiegare la urgente necessità agire sulle cause di stress che oggi più che mai ledono le risorse interne dell’individuo (in un ambiente esterno diventato più difficile per tutti). Anche lo stesso disturbo di personalità “borderline”, di cui tanto si parla, rappresenta, per certi versi, una sorta di adattamento emotivo alla precarietà della società liquida in cui l’uomo non ha più certezze etiche e spirituali (argomento di cui si parla pochissimo). Insomma tanti gli spunti di riflessione, e le informazioni utili per capire maggiormente se stessi, gli altri e il mondo in cui oggi viviamo.
Quattro chiacchiere con l’Autore: Emanuele Anceschi
Siamo al secondo libro, siamo sempre in viaggio e vorrei iniziare proprio dalla diversificazione che tu fai tra la parola turismo e viaggio.
Diciamo che estremizzo anche nella mia presentazione un po’ il concetto ma, per me, il turismo riguarda chi va in un posto per “goderselo” senza addentrarsi nella cultura del luogo, senza porsi domande, e dove quest’ultima è diversa tende a esigere e erigere dei muri mentre il viaggiatore cerca di abbatterli e capire ciò che è diverso dalla sua realtà.
Tu hai girato molto il mondo e in questo nuovo libro si evince che il tuo è un “viaggio dell’anima”.
Sì, per me viaggiare è libertà. Perché se si rimane sempre nel proprio Paese, secondo me, si rimane sempre nella proprio cultura avendo una sola idea di come vivere la vita. Se invece scopri più culture avrai più idee che ti porteranno ad una maggiore libertà di scelta di come affrontare la tua esistenza.
Questo concetto del viaggiare, che in questo momento storico è ancor più fondamentare, è per te anche una modalità per uscire dai tunnel che ci vendono tutti i giorni, ovvero “andiamo a vedere con i nostri occhi”?
Secondo me il viaggio rende la vita più autentica, dandoci una visione della realtà che va oltre quella che ci viene imposta dalla nostra società di appartenenza.
Quando hai scoperto questa “necessità” oltre che passione per il viaggio?
Io ho sempre viaggiato fin da bambino, prima con la mia famiglia partendo dall’Europa e poi sono arrivato agli Stati Uniti e poi Asia e Africa che sono i due continenti che preferisco.
Tu fai solo un racconto emozionale dei tuoi viaggi a cui aggiungi una parte dedicata ai miti classici. Come mai questa decisione?
Volevo fare un libro non convenzionale e non certo il travel blogger che descrive i luoghi visitati. La mia idea era unire alla parte narrativa del viaggio una parte dedicata alle riflessioni che, ogni singolo viaggio, mi ha ispirato e l’aggiungere i miti greci è quel qualcosa in più che ci porta ad un ulteriore analisi del nostro essere scaturendo da questi ultimi sempre una morale legata alle vicende che raccontano.
La cosa più bella che è rimasta impressa nei tuoi occhi in questi viaggi e quella più triste e difficile da dimenticare.
Riguardano entrambe l’Asia. La più bella è legata alla spiritualità e l’empatia di questi popoli e, come luogo, la Piana di Bagan in Birmania e come cosa “brutta” ancora come ho detto l’Asia perché il processo di globalizzazione e occidentalizzazione sta coinvolgendo in modo massiccio anche loro e nella stessa Birmania stanno arrivando i resort.
Il titolo del tuo libro è “Viaggi e riflessioni di un montanaro reggiano”. Tu in questo caso ti vivi come cittadino del mondo che non dimentica le sue montagne e le sue origini.
Sì, perché a parte il mio grande amore per la montagna a cui dedico un intero capitolo, questo libro è scritto con gli occhi di un uomo di Castelnovo Monti, paesino dell’appennino di Reggio Emilia, in cui sono cresciuto e che quindi ha formato parte del mio modo di essere dandomi una visione del mondo che non potrà mai essere uguale a quella di un milanese, di un romano, di un afghano. Sarebbe stato scritto un libro diverso.
Prossimo viaggio?
Ne ho tanti nel mirino dalla Papua Nuova Guinea al Kilimangiaro.