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I tre moschettieri – Opera pop-Intervista al cast
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I tre moschettieri – Opera pop-Intervista al cast

I tre moschettieri intervista

“I tre moschettieri – Opera pop” – testi Alessandro Di Zio, musiche Giò Di Tonno 

“Tutti per uno, uno per tutti!”. Il motto più famoso del romanzo di Dumas, simbolo di un’amicizia incorruttibile, prende nuova vita in questa nuova versione musicale italiana de “I Tre Moschettieri – Opera Pop” prodotta da Stefano Francioni Produzioni e dal Teatro Stabile d’Abruzzo (di cui è direttore artistico Giorgio Pasotti) è nei più importanti teatri italiani.

Uno spettacolo in cui musica, prosa e danza si intrecciano in un racconto coinvolgente ed emozionante con Giò Di TonnoVittorio MatteucciGraziano Galatone nei ruoli di Athos, Porthos e Aramis e il tocco innovativo ed elegante di Giuliano Peparini al quale è affidata la direzione artistica e la regia; le coreografie sono curate da Veronica Peparini Andreas Muller, i testi scritti da Alessandro Di Zio e le musiche composte da Giò Di Tonno.

Il trionfo dell’amicizia dunque, ma anche il trionfo del potere e dell’ambizione in questa storia senza tempo dove “buoni” e “cattivi” combattono una lotta quasi archetipica mettendo al centro valori quali onore, fedeltà, onestà troppo spesso messi in crisi dal mito dell’uomo contemporaneo e che i tre moschettieri portano fieri sulla punta delle loro spade. Spade che naturalmente non disdegnano di usare: perchè per l’onestà e per l’amicizia si può e si deve combattere. E per l’amore, motore di ogni azione che qui si sublima nell’incontro tra D’Artagnan e Costanza: Un amore che verrà spezzato dalla sete di vendetta dell’altra protagonista femminile: la perfida Milady.

Il finale, come tutti i finali, riporterà l’equilibrio e Milady sarà giustiziata. Ma lo spettatore andrà via con l’amaro in bocca. Chissà, forse perché i “buoni” sono a un tratto diventati “cattivi”? Oppure perché è proprio la morte l’unico mistero che neanche l’uomo contemporaneo è riuscito a svelare. L’unico mistero che ci rende microscopici e vulnerabili.

“I tre moschettieri – Opera pop” è un vero e proprio spettacolo tutto di matrice italiana; l’autore dei testi infatti è Alessandro Di Zio, autore delle musiche Giò Di Tonno 

Trama di “I tre moschettieri”

Lo spettacolo inizia in una fabbrica di scatoloni dove operai si aggirano ripetendo quasi all’infinito le solite azioni ripetitive di tutti i giorni.

Uno dei lavoratori trova un libro dimenticato e, incuriosito, inizia a leggere appassionandosi alla storia. Inizia a leggerne dei brani ad alta voce attirando intorno a se’ gli altri lavoratori.

Ed ecco che piano piano i lavoratori diventano personaggi e loro, e noi, veniamo trasportati nella Parigi dell’800.
Il lavoratore scopritore del libro si trasforme nell’autore stesso, Dumas, e fa da osservatore e da guida lungo la trama del racconto. Infatti a tratti interviene facendo delle sintesi di fatti nel frattempo accaduti.

I tre moschettieri foto di scena
Foto di scena

Il cast de “I tre moschettieri”

Con Giò Di Tonno (Athos), Graziano Galatone (Aramis), Vittorio Matteucci (Porthos), Sea John (D’Artagnan), Leonardo Di Minno (Rochefort), Camilla Rinaldi (Milady), Cristian Mini (Cardinale Richelieu): ecco il gruppo dei cattivi! Beatrice Blaskovic (Costanza), Roberto Rossetti (Dumas), Gabriele Beddoni (Planchet).

Poco tempo fa vi abbiamo parlato dello spettacolo visto a Milano oggi incontriamo i principali interpreti maschili di questa opera pop.

INTERVISTA A GIO’ DI TONNO

Giò Di Tonno, autore anche delle musiche dello spettacolo, è Athos

Benvenuto a Gio Di Tonno per DejaVu Blog. Siamo onorati di poterti intervistare al Teatro Colosseo di Torino.

Con quali tre o più aggettivi o espressioni definiresti questo spettacolo e
perché?

Tre forse son pochi, ma ti direi sorprendente, leggero e profondo; te ne potrei dire tanti altri perchè è uno spettacolo che ha tanti colori.

Qual è il brano o la scena che preferisci e perché?

Avendole scritte tutte, è ovvio che è una scelta difficile; però ti posso dire che una di quelle che mi coinvolge di più, che sento di più, è “Morte al Duca”, che è un brano cantato da Richelieu. È una scena molto forte, in cui il Cardinale dà una sorta di ultimatum a Milady, perché i piani stanno fallendo. Quindi, lì sale tutta la sua rabbia.

Un brano che mi piace tanto, ma che è stato anche il parto più difficile di tutta la composizione, perché Alessandro Di Zio, che ha scritto i testi ed è il coautore di questo spettacolo, aveva scritto un testo bellissimo, ma io non riuscivo proprio a tirar giù una melodia che mi convincesse. A volte le canzoni nascono così, in un attimo, e a volte, invece, hanno bisogno di una gestazione molto più lunga. Questo è stato uno di quei casi, però il risultato poi è quello che forse mi appaga di più; non lo so, è un brano che sento particolarmente vicino.

Sulla scena, ti potrei dire che ce ne sono tante, ma forse “Inseparabili”,
quando i moschettieri si riuniscono per stare ancora più vicino a D’Artagnan, che sta soffrendo, pene d’amore perché la sua amata Costanza è stata appena rapita. Lì c’è proprio l’emblema di tutto lo spettacolo con questo motto “Tutti per uno, uno per tutti”. Una scena molto, molto forte, molto toccante.


Quali sono i punti di forza di questo spettacolo e perché il pubblico non deve perderselo?

E’ una domanda difficile perché, appunto, quando sei così coinvolto, è un po’ difficile trovare dei punti di forza. Ti potrei dire, ma sarebbe banale, tutti. Secondo me, non essendo uno spettacolo commissionato, ma nato proprio da un desiderio e una volontà istintiva di crearlo, ti potrei dire che una delle cose che funziona di più è la comunione di intenti mia e di tutti i colleghi che lo mettono in scena con grandissima verità e grande sincerità. È come se si andasse tutti verso la stessa
direzione, che è proprio la riuscita di questo piccolo gioiello.

Ci stiamo mettendo davvero tutto, e poi gli ingredienti funzionano tutti a meraviglia, a mio avviso, nel senso che le musiche, i testi, le voci, gli interpreti… tutto funziona; uno dei segreti, sono proprio gli interpreti. Quando comincio, io da compositore, a pensare che nessuno avrebbe potuto interpretarlo meglio di quelli che ci sono, significa che sono sulla strada giusta. Io sono una persona di basso profilo, quindi mi sto esponendo troppo nel dire queste cose, sembro quasi presuntuoso; ma sto raccogliendo dei grandi riscontri, e questo mi fa ben sperare. I punti di forza sono veramente questi: io lo dico sempre, uno spettacolo che parla di amicizia, fatto da grandi amici. Questo è sicuramente il valore aggiunto.


Stai lavorando a contatto con tanti giovani artisti. Quale pensi sia l’insegnamento migliore che puoi trasmettere loro con la tua esperienza e cosa puoi prendere invece grazie a loro?

L’insegnamento migliore in questo ambito è, hai detto bene, proprio l’esperienza stessa; nel senso che io mi ricordo quando ero ragazzino: mi bastava osservare e rubare un po’ qui e lì, assorbivo come una spugna tutti i segreti. A volte l’osservazione, e il solo essere a contatto con qualcuno che ha più esperienza di te, ti insegnano già tanto. Io sono sempre aperto a consigli e a suggerimenti, e con i cantanti che ho guidato in questo percorso, ho cercato di dare qualche consiglio, ma senza invadere troppo la loro intimità, perché è bello che poi ognuno tiri fuori le proprie cose, le proprie attitudini, le proprie peculiarità.

Io ho agito un po’ con i guanti, perché quando trovi delle vocalità e delle fisicità giuste, c’è poco da intervenire. Quindi, in questo senso, mi sono messo a servizio degli altri.

Questa è la cosa più importante: quando fai questo, devi essere un po’ generoso, non devi tenerti tutto per te, perché questo mestiere è bello quando si fa in maniera collettiva e quindi c’è questo scambio continuo.

Dai giovani prendo l’entusiasmo, prendo la voglia; vado a carpire nei loro occhi questa sfrontatezza e voglia di fare che è ancora quella che ho anch’io, perché in
questo senso mi sento ancora un ragazzino. L’entusiasmo è, in qualche modo, il segreto di questo mestiere che ti tiene sempre realmente giovane. Quando il fanciullo comincia a spegnersi, il famoso fanciullino, vuol dire che forse devi fare altro.

Ci racconti com’è nato questo progetto che ti scopre prima ancora che performer, autore?

Il progetto nasce nel lontano 2010; almeno i primi input sono quelli. Eravamo in tour con “I Promessi Sposi”, io interpretavo allora Don Rodrigo e già duellavo un po’. C’era anche Cristian Mini, tra l’altro, che è qui nei Tre Moschettieri come Richelieu, e il maestro Franco Musumeci Greco, vedendoci giocare con le spade ci disse: “Ma siete perfetti, siete proprio tre moschettieri.”

Consideriamo che sono passati 15 anni, eravamo più giovani… E lanciò lui questa idea, la raccolsi, non troppo semplicemente dato che sono passati tanti anni. Tuttavia, questa cosa mi è sempre balenata nella mente e lui ha acceso una scintilla: ho buttato giù le prime idee attorno al 2012-2013.

Poi ci sono stati tour e varie esperienze lavorative. Infatti, quando mi chiedono di quantificare il tempo del lavoro, è molto difficile. Posso dirti che dal fine 2022-2023, con la fine dell’ultimo tour di “Notre-Dame”, mi sono messo a capofitto a lavorare su questo progetto perché avevo proprio l’intenzione di portarlo in scena con il maestro Musumeci Greco, che infatti sta curando i duelli de I Tre Moschettieri. Quindi siamo felici di poter approfondire questo che sto predicando sempre: un altro amico che si aggiunge agli amici, ed è questa la forza di questo spettacolo.

INTERVISTA A GRAZIANO GALATONE

Graziano Galatone è Aramis

Con quali tre aggettivi o espressioni definiresti questo spettacolo e perché?

Partiamo dal fatto che questo spettacolo è stato scritto da un amico, lo sapevo. Ero un po’ ansioso nell’ aspettare quest’opera. Alla fine è arrivata!

Quindi direi che i tre aggettivi sono: il primo è sorprendente, perché non mi aspettavo che scrivesse veramente una cosa così bella.
La seconda è amichevole, perché collaboriamo da 23 anni sul palcoscenico e, quindi, come non definire questo spettacolo anche come un momento di amicizia ancora in corso?
E il terzo è divertente, perché ho un ruolo che mi si addice molto. Ho un costume meraviglioso e sono abbastanza libero nell’interpretazione e questo mi diverte molto.

Qual è il brano o la scena che preferisci e perché?

Non voglio pensare che le mie siano le migliori in questo spettacolo; quelle che
preferisco sono legate a Richelieu, figura che è stata realizzata con grande attenzione ai dettagli, negli abiti, nella luce e nella musica. È molto incalzante, anche se tetra, ma in modo piacevole. Le percussioni e la profondità della scrittura mi hanno colpito moltissimo. Una delle scene più belle è il momento in cui i
quattro si legano al famoso detto “Uno per tutti, tutti per uno”.

Quali sono i punti di forza di questo spettacolo e perché il pubblico non deve perderselo?

Primo perché l’opera italiana, che sia lirica, pop, rock o musicale, va sostenuta. In
Italia c’è il brutto vizio, e anch’io, se vogliamo, sono coinvolto, perché ho appena finito una regia di uno spettacolo inglese, di acquistare spettacoli all’estero, mentre ci sono bravissimi autori italiani, a volte non molto conosciuti, come in questo caso. In verità Giò è abbastanza conosciuto perché veniamo da un’opera musicale di successo (Notre Dame De Paris) ; i produttori dovrebbero dare più spazio ai nuovi autori. In secondo luogo, perché il cast è quasi sicuramente di successo.

Lavorando a stretto contatto con tanti giovani artisti, quale pensi sia l’insegnamento migliore che puoi trasmettere loro grazie alla tua grande esperienza, e cosa invece prendi, assorbi e respiri con loro?

Intanto, voglio sottolineare che Giò Di Tonno avrebbe potuto scrivere per noi tantissimi brani in più nell’opera, invece ha lasciato ampio spazio ai giovani che stanno avendo un successo strepitoso. Noi non facciamo altro che sostenerli e incitarli dopo una performance, ma posso assicurarvi che non è necessario, perché si sono integrati benissimo e per loro è la prima esperienza a questi livelli.
Quindi, non ho nulla da dire; lasciamo tutto lo spazio ai giovani quando si tratta di talenti.

INTERVISTA A VITTORIO MATTEUCCI

Intervista I tre moschettieri Vittorio Matteucci
Vittorio Matteucci è Porthos

Con quali tre aggettivi o espressioni definiresti questo spettacolo?

Allora, sicuramente emozionante, poi direi nuovo e coinvolgente. E’ emozionante perché è una storia classica della letteratura di tutti i tempi che sopravvive da secoli, credo abbia un valore eccezionale perché racconta di cose che sono fondamentali ancora oggi, come per esempio il senso della solidarietà, dell’amicizia, dell’onestà e della lealtà. Sono tutti valori fondamentali, importanti ed essenziali nei quali la gente si ritrova grazie al teatro. Il teatro serve anche a riportarti in una dimensione poetica delle cose per questo aggiungerei poetico come aggettivo!

E’ nuovo perché in una marea di proposte sia pure indiscutibili e di qualità, dove però si va a raccogliere il lavoro fatto da altri e lo si ripropone, questo è uno spettacolo che dalla A alla Z è costruito ex novo e quindi io penso che questo sia un valore assoluto, perché tu sai fra l’altro molto bene, quanto sia difficile riuscire a mettere in piedi qualcosa di nuovo e trovare gli appigli per fare in modo che questo nuovo veda la luce.

E poi coinvolgente, perché non puoi non entrare dentro la storia grazie alla visione registica di Giuliano Peparini.

Qual è il tuo brano o la tua scena preferita?

Io mi commuovo spessissimo nel duetto tra D’Artagnan e Costanza e poi mi piacciono molto i brani di Richelieu.
Mi piace che lo spettacolo scorra in maniera semplice e sia così pieno e ricco di un’emozione che cresce, cresce, cresce a mano a mano che cresce la storia, fino alla fine.

Quindi è difficile scegliere, è difficilissimo scegliere. Non c’è un brano di cui posso dire: “Sai, questo è il mio brano”, sono tutti importanti e concorrono alla narrazione. Quindi nessun brano da solo è speciale, però tutti insieme lo sono. Però sì, forse il duetto dei due ragazzi è il mio preferito perché mi fanno tenerezza; sono due bimbi bellissimi, a cui voglio bene.

Quali sono i punti di forza dello spettacolo? Perchè il pubblico non deve perderselo?

Sicuramente i testi di Alessandro Di Zio, le musiche di Giò Di Tonno, l’idea registica e la messa in scena di Peparini che comprendono ovviamente anche una particolare scenografia e l’utilizzo di costumi originali. Poi una narrativa strana, nuova, equilibrata tra l’antico e il moderno con grande sapienza che si interseca con una storia classicissima e con una musica che è moderna e al tempo stesso godibilissima.

Perché il pubblico non deve perderselo? Primo, perché è importante sostenere tutte le nuove operazioni e le nuove creazioni; secondo perchè sono due ore e mezzo, compresa la pausa, di vera evasione. Ti dimentichi di tutto: delle bollette di casa, dei problemi che ci sono fuori. È anche questo uno dei ruoli fondamentali del teatro, quello di dare respiro alla gente e di trasportarla in un’altra dimensione per un po’ di tempo. E poi perchè è …Bello!

Lavorando a stretto contatto con tanti giovani artisti, quale pensi sia l’insegnamento migliore che puoi trasmettere loro grazie alla tua grande esperienza, e cosa invece prendi, assorbi e respiri con loro?

Ogni giorno puoi assorbire e respirare qualcosa, è indubitabile perché questo è un mestiere nel quale non si smette mai di imparare. Anche il più giovane ti può dare indicazioni su come muoverti in un personaggio e ti trasmette quella passione che, se mai te la fossi dimenticata (e non è il mio caso), riemerge con vividezza. La
passione dei primi anni è spettacolare e ci nutriamo di essa.

Ai ragazzi presenti, che fra l’altro sembrano già professionisti, impeccabili, dico che faccio un po’ da padre. Sono stato ufficialmente nominato capo comico di questo gruppo, non solo per anzianità, ma anche per tutte le esperienze che ho accumulato nella mia vita artistica, e quindi mi ritengo un punto di riferimento.

Sono il primo ad arrivare e l’ultimo a andarsene. Perché? Perché penso che sia giusto così. E poi sto bene in questo posto, sia pur polveroso, com’è il teatro; mi sento proprio a mio agio; arrivo e chiedo ai ragazzi come stanno.

Come sai benissimo, la compagnia non è composta solo da ballerini o cantanti, ma ci sono anche i nostri incredibili tecnici, i macchinisti e le sarte, che in questo contesto sono davvero il cuore pulsante.
Hai visto quanti cambi scena e quanti cambi costume ci sono? Questi cambi costume sono tutti generati da queste ragazze veramente eccezionali. La compagnia è quindi un insieme di tutte queste specificità, che da sole conterebbero poco, ma che insieme creano qualcosa di imperdibile.

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INTERVISTA A SEA JOHN (GIOVANNI MARESCA)

Intervista I tre moschettieri Sea John
Sea John è D’Artagnan

Mi dici tre aggettivi o espressioni per definire questo spettacolo?

Sorprendente, perché ci sono alcuni elementi nella trama e nella caratterizzazione dei personaggi che, secondo me, si adattano perfettamente a questo aggettivo. Emozionante, sicuramente, per tutto il circolo di emozioni che si crea. Infine, bello; lo so che può sembrare scontato, ma è veramente un grande spettacolo!

Qual è il brano o la scena che preferisci e perché?

Beh, personalmente, dipende dai periodi, perché comunque, facendo numerose repliche, può capitare di affezionarsi di più a una scena e poi rivalutarne
alcune altre. Ultimamente, prima non ci davo così tanta attenzione, il momento in cui sono presenti loro tre, ovvero Giò, Vittorio e Graziano, nella scena del boia, è una delle canzoni finali che mi emoziona di più. È una grande scena. Tuttavia, ci sono tante, tante, tante scene di un livello veramente alto, quindi scegliere è difficile.

Quali sono i punti di forza di questo spettacolo e perché il pubblico non deve perderselo?

Allora, i punti di forza sono prima di tutto gli attori, perché ho la grande fortuna di essere circondato da persone che da tempo fanno questo mestiere e si dimostrano fortissimi, ma anche molto umili nel fare il proprio ruolo. Ci sono anche le nuove proposte, Camilla e Beatrice, che sono sicuramente attrici di grandissimo livello.

Un altro punto di forza è l’impatto visivo: a livello di regia io non conosco il mondo del teatro, sono totalmente neofita, però la regia di Giuliano Peparini mi piace davvero molto. Le scelte visive sono veramente incredibili e, nonostante magari sia abituato a lavorare con progetti nel panorama musicale più grandi di questo, ho visto come Giuliano riesca a creare grandi lavori teatrali!

Terzo punto di forza sono le canzoni; sono tutte cose abbastanza scontate da dire, però rappresentano i punti forti dello spettacolo.

Tu non provieni dal mondo del musical, ma dal mondo della musica. Come stai vivendo la tua esperienza nel mondo del musical a contatto con questi mostri sacri, performer conosciuti per il loro talento, ma anche con tanti
giovani artisti? Cosa prendi da loro e cosa dai tu con la tua esperienza, che è diversa ma altrettanto importante?

Il fattore che più mi ha sorpreso, e che cerco di assorbire, è la grande umiltà con cui tutti, sia i nuovi che i più esperti, affrontano lo spettacolo e questo lavoro. C’è una continua concentrazione alla ricerca del personaggio e al modo di interpretare al meglio le proprie emozioni. Sicuramente questo è ciò che mi colpisce di più. Finora mi sta piacendo molto ed è stato un bel cambiamento, visto che vengo da un
mondo molto diverso. È un’esperienza che mi sta arricchendo, e questo è esattamente ciò che cerco in qualsiasi tipo di esperienza o attività che intraprendo. Spero di poter dare qualcosa di arricchente anch’io agli altri in un continuo scambio di crescita.

INTERVISTA A LEONARDO DI MINNO

Leonardo Di Minno è Rochefort

Con quali tre espressioni o aggettivi definiresti questo spettacolo e perché?
E’ uno spettacolo entusiasmante per una questione energetica, perché tutti danno veramente il massimo. È commovente per una questione drammaturgica e credo sia amicale, amichevole. Sì, perché mi rendo conto che sto lavorando insieme da tanti anni con alcuni artisti del cast e gli altri che sono arrivati dopo hanno comunque preso una via in cui il gruppo si sente molto unito. Aggiungerei un quarto elemento, che è quello relativo allo spettacolo: è uno spettacolo bello!

Qual è il brano o la scena che preferisci e perché?
Diciamo che ce ne sono molte. Se proprio dovessi sceglierne una, tenderei a non
scegliere le mie, perché da dentro non posso giudicarmi. Però, secondo me, “Verme sull’amo” nel secondo atto è un’apertura molto forte e poi le scene di “Milady” sono interessantissime.

Una scena preferita non te la saprei dire. Diciamo che c’è un contesto nel quale la drammaturgia diventa un pochino più aspra e di solito quelle sono le scene che preferisco, quelle in cui si comincia a vedere un po’ di marcio.


Quali sono i punti di forza di questo spettacolo e perché il pubblico non deve
perderselo?

Sicuramente i punti di forza sono: la drammaturgia, perché è uno spettacolo che ha
una bella storia che conoscono tutti, non benissimo, ma comunque tutti hanno sentito parlare di D’Artagnan e della spada, le musiche, le performance esclusive delle persone e il corpo di ballo. In realtà, è uno spettacolo a tutto tondo, ha delle idee molto belle che vengono inserite pian piano. L’idea registica è divertentissima; non posso dire un aggettivo diverso, perché altrimenti spoilero l’inizio, però ha molto senso in questo contesto e quindi non perdetevelo, perché siamo all’inizio
di qualcosa di grande.

Stai lavorando a stretto contatto con tanti giovani artisti. Quali pensi siano gli insegnamenti che puoi dare loro con la tua esperienza e cosa prendi invece puoi respirare grazie a loro?

L’insegnamento sicuramente è di vivere queste esperienze in modo più sereno,
con il cuore calmo e contando molto sulle capacità di ognuno. Superare dei provini e arrivare a questo tipo di cose comunque significa che tu sai fare il tuo lavoro. Quello che prendo dai più giovani sono l’entusiasmo, la voglia di fare e, in realtà, in questo luogo in particolare, anche tanta sicurezza, perché mi sono reso conto che sono persone molto giovani, capaci di gestirsi il palco in modo bellissimo e anche quando si tratta di gente che magari usa un po’ più l’incoscienza, c’è un cuore talmente grande che veramente ti fa venire voglia di performare ancora meglio.

INTERVISTA A CRISTIAN MINI

Cristian Mini è Richelieu


Mi dici tre aggettivi o espressioni con cui definiresti questo spettacolo e perché?

Allora, appassionante, perché di fatto questa storia diventa via via appassionante man mano che si svolgono tutte le azioni, senza spoilerare nulla. E poi originale, perché le coreografie di Veronica Peparini e Andrea Muller, insieme a questo modo originale di scrivere per la prima volta di Gio’ Di Tonno, sono senza dubbio elementi che lo rendono diverso dal solito. Infine, io dico epico, perché, anche se parte
con un’ambientazione particolare, di cui non parlerò, per non spoilerare, improvvisamente, in virtù di questo inizio così anomalo, si rievoca veramente un’epoca.

Qual è la scena o il brano che preferisci e perché?

La scena che preferisco è quella in cui i tre moschettieri incoraggiano D’Artagnan in un momento difficile. Il brano si intitola “Inseparabili”. A parte la bellezza della canzone, che sembra scritta da Dumas, proprio nel senso della competenza del luogo e della narrazione, mi piace soprattutto perché a un certo punto si esprime il motto “Uno per tutti, tutti per uno”. Questo motto è centrale per tutta la storia e dovrebbe essere, secondo me, anche un motto universale.

Quali sono i punti di forza di questo spettacolo e perché il pubblico non deve perderselo?

I punti di forza, per me, di questo spettacolo sono: il cast, non solo i cantanti, non perché ne faccio parte, ma anche i ballerini. È un cast estremamente compatto e selezionato per avere il giusto physique du rôle, sia vocalmente che fisicamente, e nulla è fuori posto.

I messaggi di questo spettacolo che non soltanto ha la bellezza di raccontare una storia d’epoca, ma contiene messaggi che possono essere benissimo adatti al mondo in cui viviamo oggi.

Stai lavorando a stretto contatto con tanti giovani artisti. Quali pensi siano gli insegnamenti che puoi dare loro con la tua esperienza e cosa prendi invece puoi respirare grazie a loro?

Partendo dalla mia esperienza, visto che sono più grande di loro, senza dubbio posso consigliare il modo di affrontare i momenti difficili durante le prove e anche durante lo spettacolo, perché essendo noi dal vivo non può sempre essere una cosa confezionata identica. Dobbiamo affrontare tutto con la massima serenità, perché siamo ben preparati tutti e dobbiamo mantenere la concentrazione, ma essere anche tranquilli. Questo è l’unico modo per risolvere ogni tipo di problematica che possiamo affrontare.

E poi, cosa posso imparare da loro? La cosa più bella: poter apprendere dai giovani e dalla loro visione nuova delle cose. C’è una distanza generazionale, e bisogna avere grande rispetto per il loro modo di vedere le cose e per la loro energia, che può essere una linfa vitale importante.

Tour e biglietti

https://www.ticketone.it/artist/tre-moschettieri-musical/#calendar-start=2025-03


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