Continua il viaggio di Dejavu alla conoscenza di artisti del mondo Indie con l’intervista in esclusiva per voi a Marco Borrelli, ideatore e produttore dei Marcondiro.
Chi sono i Marcondiro?
I “Marcondiro” è un progetto artistico multimediale che fonde la tradizione cantautorale italiana alle sonorità folk e indie rock della storia musicale nazionale.
Il progetto nasce nel 2009 e risale al 2011 il disco d’esordio della band dal titolo “Spettattore“. L’album è il primo di una trilogia di progetti discografici incentrati sull’essere umani. Il secondo capitolo è “OMO (L’Evo-Mediatico-in-Forma-di-Canzone)” (2016).
Successivamente escono alcuni fortunati singoli tra cui #AmmoreVero (il cui videoclip vede Stefano Fresi come protagonista) e #Amati.
Dal 2016 ad oggi i Marcondiro vincono numerosi premi tra cui: il Premio Assoluto al Festival dei Castelli Romani, il Premio Bruno Lauzi per la miglior interpretazione, il Premio Mei Superstage e il Premio Roma Videoclip.
Esce il 12/02/2021 (non a caso, data palindroma) il terzo e attesissimo album dei Marcondiro: Data.
L’intervista a Marco Borrelli dei Marcondiro
Come nasce il nome Marcondiro?
Deriva dalla canzone guerrafondaia “Ma che bel castello… Marcondiro-ndirondello”, una filastrocca di quelle che celano un messaggio non per bambini.
“Data”, perché la scelta di farlo uscire proprio il 12/02/2021? E perché questo titolo?
Abbiamo scelto questa data perché è una data palindroma ed è uno dei motivi per cui l’album si chiama Data. Volevamo rappresentare anche il nostro tempo in cui, gli essere umani sono al centro.
Un’ulteriore ragione è legata ad un altro significato che ha la parola “data” in italiano ossia “dare“. La musica è qualcosa che non appartiene più a chi la crea ma viene “data” in pasto al popolo, al popolo di internet in questo tempo: ai post l’ardua sentenza!
E infine in inglese “Data” sono i dati, il bene più prezioso di questo momento storico.
La nascita di questo concept album risale ad un evento di cronaca del 2017, ce lo racconti?
Due chatBot (Alice e Bob) in un campo di ricerca di Facebook hanno iniziato a parlare tra di loro in una lingua apparentemente sconosciuta. Giornalisti e ricercatori vivono questo evento come “una rivoluzione di robot” e noi l’abbiamo vista invece come una notizia ironica che ci ha colpito molto.
Abbiamo subito ipotizzato una storia d’amore tra queste intelligenze artificiali che, abbiamo ribattezzato robot primitivi.