Una Pillola può fare bene o male, può essere una droga e una medicina, un po’ come Napoli che può accoglierti e può distruggerti.
Rebel Bit
“Noi siamo la droga (scusa)” è il nuovo singolo del cantante napoletano Rafèle che porta in esposizione la sua prima installazione, intitolata ‘La pillola’. La scultura in resina, alta 190 centimetri con la classica forma della compressa e con su inciso il titolo del singolo, è stata esposta dall’8 al 12 dicembre in piazza San Domenico Maggiore a Napoli
Musica e scultura; la creatività che si esprime in due modi per il racconto di una generazione. E così, insieme al singolo “Noi siamo la droga (scusa)”, il cantante Rafèle porta in esposizione la sua prima installazione, intitolata “La pillola”, in uscita il 10 dicembre su tutte le piattaforme digitali. La scultura in resina, alta 190 centimetri con la classica forma della compressa e con su inciso il titolo del singolo, sarà esposta dall’8 al 12 dicembre in piazza San Domenico Maggiore a Napoli.
Come nasce “Noi siamo la droga” (scusa)
Durante un incontro con un discografico napoletano che, dopo aver letto solo il titolo (noi siamo la droga) di una mia canzone – prosegue l’artista – ridendo disse: “È incredibile, siete tutti quanti uguali!”. Non capii subito, poi continuò: “Voi giovani, parlate tutti delle stesse cose nelle canzoni: droga, soldi, donne e non siete neanche originali, anzi spesso siete la brutta copia di qualcuno che magari non è niente di che”. E a fargli cambiare idea non fu neanche l’esecuzione di quattro brani al piano, tra cui “Santa Lucia” di Francesco De Gregori. Un aneddoto che ha portato Rafele a una riflessione sullo stato stesso del mercato musicale contemporaneo: “La musica non affermata viene sminuita con una superficialità disarmante, gli addetti ai lavori del settore spesso perdono di vista il vero valore artistico”.
Dalla musica alla scultura
Da qui l’idea di raccontare la sua generazione per raccontarsi, con opere che possano far riflettere e condividere un messaggio.
Qualcosa che rimanga impresso, come una compressa con un diametro di 2 metri. Non siamo solo la generazione della velocità dei mezzi, dei social media, delle comodità – conclude Rafèle – noi siamo quelli che hanno allargato gli orizzonti, aperto strade barricate da sempre, quelli che credono nel prossimo, quelli che accettano. Siamo la generazione si afferma attraverso le proprie passioni con mezzi che ci siamo inventati, prima che attraverso una posizione economicamente stabile. Noi siamo il sogno di cui vi siete sempre fatti il sabato sera per ritornare alla realtà il lunedì mattina, noi siamo la droga!”
L’intervista a Rafèle.
Parto subito dal titolo del tuo nuovo brano che è abbastanza impegnativo ovvero “Noi siamo la droga” a cui aggiungi la parola “scusa”. Come mai hai deciso di unire queste parole?
In realtà il titolo viene dopo la canzone, io sono abituato a fare così. E’ nato prima il ritornello che finiva con “noi siamo la droga” e così è poi nato il titolo. E’ un brano che nasce come canzone d’amore ma che poi diventa anche un modo di chiedere scusa (da qui il sottotitolo).
Tutto il progetto Rafèle prevede sempre un sottotitolo, un’altra frase, una parola che spieghi meglio il significato della canzone, un pò un marchio di fabbrica!
Un’altra cosa che mi ha colpito di te è l’incontro con un discografico che in qualche modo ha segnato le tue scelte artistiche…
Io ho avuto che fare con molte persone in ambito musicale e questa persona di Napoli, senza neanche ascoltare le mia canzoni ha iniziato a infierire con frasi fatte sulla nuova musica, sulla musica di Napoli…
Gli suonai non solo brani miei ma anche di De Gregori, di Dalla e lui mi bocciò palesemente tute le mie proposte.
Da qui nasce l’idea di unire altro alla musica.
L‘arte, in questo caso la scultura, era già presente nella tua vita o è stata una nuova apertura?
E’ una nuova apertura ma mi ha sempre intrigato l’idea di mescolare con la mia musica qualcosa che abbia a che fare con l’arte.
Tu tocchi un argomento molto importante con la tua scultura che è una “grande pillola”.
Si una pillola con un diametro di oltre 2 metri in vetro resina,
L’idea è stato un flash e ho pensato che una pillola può fare bene come un medicinale o fare male come una droga.
Un po’ come la città in cui vivo, Napoli: può fare davvero male ma ha anche tanti lati positivi tra cui la musica, per noi napoletani fare musica è qualcosa di naturale.
Come mai la scelta di mettere la tua istallazione in Piazza San Domenico Maggiore?
La Piazza è proprio il centro del perimetro storico della città, mi piaceva partire da li.
Questo singolo è il preludio di un altro lavoro? Ci sarà sempre un collegamento con altro?
Si io sto lavorando a un po’ di cose. Ci sarà un altro singolo in uscita a gennaio e poi una raccolta dato che ho un bel po’ di canzoni scrivendo da tempo.
Sicuramente ci saranno collegamenti con altre realtà, questo ripeto sarà sempre un marchio mio. Mi piace andare a fondo, pensare a una cosa esplicita e una implicita.
Come mai la scelta di questo nome d’arte che riporta molto alla tua terra?
Io avevo già un progetto che si chiamava Raffaele, ovvero il mio nome di battesimo.
Poi no me lo sentivo più addosso e ho deciso di intraprendere questo nuovo percorso con Rafèle, anche se non sono mai entrato nel turbine napoletano dei soprannomi.
L’accento mi scosta dall’essere troppo napoletano.
I sogni del futuro?
Vorrei fare concerti, riuscire a comunicare con il pubblico.
Un festival di Sanremo?
In questo momento lo sento lontano. Il mio percorso è un altro, voglio fare musica e non numeri.