Vorrei davvero che si tornasse a parlare di anima.
Massimo Lazzaro
Lo psichiatra e autore Massimo Lanzaro presenta questa interessante e innovativa antologia saggistica, per riflettere su nuovi percorsi di cura e diagnostica delle patologie mentali, che affliggono la società contemporanea.
Il pensiero di Sir David Goldberg
Introduce il volume, Sir David Goldberg, professore emerito del “King’s college” di Londra, per anni collega dello stesso Lanzaro, che sottolinea con semplicità come siano cambiate le branche della psichiatria contemporanea per venire incontro alle esigenze delle persone.
Ritiene pertanto, il professore, che sia necessario un maggiore approfondimento degli studi specialistici, a discapito della formazione classica in medicina, meno indispensabile a chi vuol dedicarsi allo studio della mente. Un esempio su tutti: la depressione (che molti confondono con la normale tristezza), ormai rappresenta il 4% del carico globale di malattia è una delle principali cause di disabilità nel mondo, soprattutto per le donne.
La sinossi di “Il medico dell’anima”.
Avvalendosi dell’ausilio della mitologia classica, del cinema e della letteratura, l’autore riesce a spiegare la urgente necessità agire sulle cause di stress che oggi più che mai ledono le risorse interne dell’individuo (in un ambiente esterno diventato più difficile per tutti). Anche lo stesso disturbo di personalità “borderline”, di cui tanto si parla, rappresenta, per certi versi, una sorta di adattamento emotivo alla precarietà della società liquida in cui l’uomo non ha più certezze etiche e spirituali (argomento di cui si parla pochissimo). Insomma tanti gli spunti di riflessione, e le informazioni utili per capire maggiormente se stessi, gli altri e il mondo in cui oggi viviamo.
Conosciamo meglio Massimo Lanzaro
Massimo Lanzaro – dirigente medico, psichiatra, psicoterapeuta e neuro-scientista – è stato Primario e Lecturer al Royal Free Hospital di Londra e Direttore Sanitario sia in Italia che in Inghilterra e docente per il Centro per la prevenzione delle psicosi UNIMORE/AUSL RE. Attualmente scrive sulle riviste medico-scientifiche nonchè su “B-liminal” (britannica) e sulla “C.G. Jung Page” (nordamericana).
Complessivamente è autore di più di 20 articoli pubblicati su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, di oltre 100 scritti che analizzano il cinema, l’arte, laletteratura e la poesia con approccio psico-sociologico e degli ebook: “Nel punto atomico dove scompare il tempo. Saggi di psicologia”, “L’effetto Casimir. Nuovi saggi di Psicologia” e “Il mito della normalità”. Con la casa editrice “Mimesis” ha pubblicato il volume “Lo schermo e la diagnosi”.
Quattro chiacchiere con l’Autore: MASSIMO LANZARO
Oggi parlando del mondo medico, che a tratti ci lascia perplessi, esistono ancora i medici che “curano l’anima”?
Per prima cosa bisogno dire che il termine anima, benché faccia parte dell’etimologia della parola psichiatria, è praticamente scomparso dai manuali ortodossi, dai testi su cui studiano gli studenti di medicina e quindi la mia è un po’ una provocazione perché vorrei che si tornasse a parlare di anima.
Purtroppo anche nel DSM5, il manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, che è un po’ una Bibbia della Psichiatria, ci sono tre parole che non compaiono: anima, amore e spiritualità.
Questo libro arriva dopo un periodo pandemico difficile anche sotto l’aspetto psicologico. È un caso o è voluto?
Il periodo pandemico mi ha dato il pretesto per fare alcune riflessioni ed infatti ho dedicato all’argomento un capitolo del libro.
C’è un modello che vale per ogni tipo di sofferenza, ovvero ognuno di noi ha una soglia di vulnerabilità quando sottoposto a determinati stress, a cui dà un determinato significato, e poi attua dei meccanismi per fargli fronte.
La pandemia ha messo questo modello a dura prova.
Lei sottolinea molto il concetto di emarginazione, di discriminazione in caso di disturbi psicologici, sottolineando anche il fatto che questi “disagi” diventano anche una prova a livello economico.
Il disagio economico entra a far parte del grande capitolo della perdita. Durante la pandemia si sono verificati una gamma di eventi a scapito delle persone che possono andare dalla perdita di un congiunto fino ai “microlutti” ovvero perdite considerate intangibili come la perdita dell’affetto per una persona che non si può raggiungere, la perdita di un reddito, di un lavoro, la perdita di concepire se stessi in un certo modo.
Come ci insegna Freud la perdita è uno dei primi elementi che innesca i meccanismi depressivi.
Lei si avvale del cinema, della mitologia , della letteratura. Come connette questi mondi al suo in quanto psichiatra?
Io ho scritto un libro nel 2019 che si intitola “Lo schermo e la diagnosi” per cercare di colmare un vuoto. Io credo che il cinema a sua volta come fanno vari manuali tenti di descrivere da un punto di vista fenomenologico il protomorfismo dell’animo umano nelle sue varie sfaccettature.
Il punto è trovare il modo di parlarne, di andare al di là dell’odioso “ti è piaciuto – non ti è piaciuto”. Spiegare perché un film fa milioni di spettatori mentre un altro passa inosservato, chiedendosi anche se un film possa far leva su corde psicologiche profonde, se possa essere usato a scopo educativo per gli studenti, a scopo terapeutico (argomento molto delicato).
Il mio intendere il cinema, l’arte, la letteratura è cercare dei riferimenti che semplifichino il discorso da un parte e nello stesso lo arricchiscano dall’altro.
Il suo nuovo libro “Il medico dell’anima” lo possiamo vedere come un libro che può far bene a tutti noi o si rivolge solamente agli specialisti del mestiere?
Io credo possa far bene a tutti anche perché tenta di spiegare una serie di dinamiche, meccanismi, modi di comunicare dei mass media, aneddoti di vita vissuta su un’area del sapere su cui c’è ancora troppo stigma, di cui si parla spesso troppo poco e, a volte, male e quindi in cui si crea grande confusione.