«E così ho capito che dovevo assolutamente fermarmi e in qualche modo scattare una polaroid del paesaggio sonoro che stavo vivendo, raccontarlo a me stessa e agli altri, mettendolo bene a fuoco e per sempre a nudo. Svelandone le insidie, assaporandone le strettoie, accarezzandone tutti gli scorci e i panorami. Ma i 24 Preludi non sono una foto, sono un viaggio. Un viaggio nel respiro del mondo, nell’emotività umana, nell’animo di Chopin: che in un solo gesto, finito, come dice George Sand: “ha scritto l’infinito”
Gloria Campaner
È con queste parole che la pianista veneziana Gloria Campaner descrive la sua nuova incisione discografica per Warner, dedicata ai 24 Preludi op. 28 di Fryderyk Chopin.
La registrazione è avvenuta lo scorso aprile a Tontoloa, nei Paesi Baschi francesi, a pochi chilometri da Ciboure, paese natale di Maurice Ravel, presso lo studio La Fabrique des Ondes fondato dal compositore, produttore e ingegnere del suono David Chalmin in collaborazione con le pianiste Katia e Marielle Labèque.
Questo luogo di confine tra Francia e Spagna dove l’album è stato inciso rimanda simbolicamente al mondo dei 24 Preludi di Chopin, scritti dal compositore polacco tra la capitale francese, Parigi, e la spagnola Isola di Maiorca, e completati nel 1839.
L’intervista a Gloria Campaner.
Nel tuo disco dedicato ai 24 Preludi di Chopin tu parli di “viaggio” mi racconti di questo tuo viaggio con Chopin?
Viaggio perché suonare e ascoltare tutte queste gemme preziose, questi gesti, queste pennellate, queste vampate, questi ventiquattro inizi di storie che non continuano sono un vero viaggio sia per chi suona sia per chi ascolta. Bisogna immaginare di essere su un treno e, da grandi finestrini, veder passare un paesaggio che cambia e cambierà sempre. In realtà stare seduti li non è uno stare fermi ma è, anche in quel momento, viaggiare, si osserva e si viaggia allo stesso tempo, chi è seduto ascolta ma vive realmente qualcosa.
Come ti è arrivato il desiderio di fare questa scelta?
Mi è arrivato perché io prediligo moltissimo le forme brevi che hanno dentro un’enorme intensità come alcune miniature di Schumann; io mi sento proprio vicina ad un gesto pianistico che ha più a che fare con l’aforisma che la grande forma. Da qui anche la voglia di unire un po’ il passato e il presente. Tutti noi abbiamo studiato qualche preludio di Chopin da quando si è piccoli, però tenere insieme tutta l’opera in modo unitario, che non è neanche quello che aveva pensato Chopin stesso, è qualcosa che è più moderno. La prima registrazione importante è stato Cortot e da lì ci si porta dietro una tradizione di 24 preludi che, di sicuro non era la sua idea principe, però sono stati scritti in un modo pazzesco. E’ un unico grande respiro fatto però di tanti soffi.
Tu tra l’altro hai scelto anche un luogo molto particolare per la registrazione di questo cd.
Sì questo cd sicuramente è il cd del “se non… ” se non ci fosse stata la pandemia, se non ci fosse stato il lockdown. E’ importante dirlo perchè se non ci fosse stato tutto questo non sarei riuscita ad approfondire quest’opera. E’ stata un’avventura e poi arrivare in questo luogo magico, anche in compagnia di persone meravigliose che probabilmente sarebbero state in tournée se non avessero avuto lo stop della pandemia, è stato incredibile. Quindi tutto è stato un concorso di notizie favorevoli e eventi fortunati di un momento molto creativo. E’ stato poi anche fantastico aver potuto suggellare e fotografare tutto questo in un disco che poi può rimanere. E’ un lavoro che in qualche modo si porta dietro un pezzo di storia, un pezzo di storia delle nostre vite e di quello che ci è accaduto e sono anche contenta che lo ricorderemo.
L’immagine della figura femminile come pianista è molto cambiata nel tempo. Prima era proprio un’immagine grigia mentre oggi si inizia a capire che essere pianista non significa essere una donna triste e bruttarella. Secondo te questa è stata una conquista che si è fatta nel tempo?
Sicuramente, molto recente, purtroppo. La storia è costellata di grandissime musiciste e grandissime compositrici di cui si sa poco o niente. Di grandi interpreti che potevano essere alla stregua di chi poi è stato scolpito negli annali e nei libroni di storia della musica e che invece si sono perse perché non se ne sa quasi nulla. Finalmente ora è arrivata l’era della dignità e di quello che è giusto, la musica è sia uomo che donna, chiudendo gli occhi devi sentire la musica non individuare un genere. Però l’espressività, il senso d’amore della creazione, quella forza divina che crea la vita è qualcosa di meraviglioso. Donarsi all’arte con questa energia in seno è bellissimo. La donna può creare la vita e quindi è bellissimo anche che la si possa sentire e ammirare nella sua completezza. Non siamo ancora arrivati ad un livello paritario di presenza delle donne nei programmi di concerti, e siamo sempre meno nelle orchestre, però sono stati fatti dei passi avanti enormi e io mi sento privilegiata e ci sono anche un sacco di musiciste super belle e attraenti che esprimono la loro femminilità in tutto e ben venga!
Tu hai iniziato a 4 anni… come è nato il tutto?
Puoi immaginare che Jesolo non fosse proprio Mosca e non è che tutti suonassero uno strumento musicale quindi tutto è successo per caso. Ringrazio mia madre perché lei mi portò al Kindergarten dove c’era il corso di propedeutica musicale e dopo pochissimi mesi una di queste insegnanti, Daniela Vidali, si accorse di “qualcosa me “; io mi ricordo poco, ma ricordo di non avere una vita senza il pianoforte, ho imparato a leggere le note prima di saper leggere l’alfabeto.
Per merito suo ci siamo imbarcati in questa avventura e fortunatamente ho avuto una famiglia che mi ha sempre supportata.
Hai suonato in grandissime sale e incontrato dei grandissimi maestri. Un ricordo particolare che ti ha segnata in modo positivo?
Io ringrazio tantissimo tutti gli incontri che ho fatto, e proprio col cuore abbraccio anche chi non c’è più e chi mi ha lasciato tanto. Più che ricordare qualcuno che negli anni mi ha arricchito sicuramente mi fa piacere citare qualcuno che non c’è più e che è stato importantissimo, uno dei miei primi maestri, Bruno Mezzena, dal quale ho cominciato a studiare a 13 anni, è stato incredibile perché era un grande maestro di perfezionamento ed è diventato il mio faro. Poi ricordo con tanto amore e infinito affetto il Maestro Marcello Abbado che da quando ero piccolina è stato sempre presente nella mia vita e mi ha sempre sostenuto. Non è mai stato un mio vero professore ma è sempre stato qualcuno a cui io mi sono riferita, mi ha aiutato tantissimo, mi ha dedicato delle opere, è stata una figura importantissima per me e la mia famiglia.
Prossimi impegni?
Ho un’estate costellata di cose belle. Vengo da due concerti al grande Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, mi piace citarlo perché è il più grande Festival che c’è per il pianoforte in Italia, poi ho Perugia, e Piano City domenica. E poi un’estate bella anche proprio a volerla guardare dal punto di vista delle collaborazioni. Una bella tournée Matera-Taranto-Magna Grecia con grandissime artiste, una è Laura Marzadori primo violino del Teatro alla Scala e Astrig Sirannosian bravissima violoncellista armena e facciamo il triplo di Beethoven quindi propio Beethoven delle donne, che dovrebbe anche essere il titolo della tournée. Sempre parlando di grandi donne con Violante Placido al Festival della Bellezza il 24 luglio, allo Spasimo di Palermo per la stagione estiva degli Amici della Musica, una serata interamente dedicata a Piazzola con il grande Cesare Chiacchiaretta al bandoneon Alessandro Carbonare al clarinetto e poi un’estate costellata di preludi in tantissime città dal nord al sud ma sarà tutto sull’agenda online del mio sito.
E sono molto orgogliosa e onorata di dire che per il concerto di Piano City il 27 Giugno Milano sarò vestita da Valentino e sono veramente molto grata di questa occasione.