Intervista a Nico Zagaria de L’introverso
Valentina Oliva, redattrice di Minstrels, ha intervistato Nico Zagaria, il cantante de L’introverso: band milanese che ha da poco pubblicato il suo terzo album “Shock”.
- Come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti alle superiori, eravamo in classe insieme e abbiamo cominciato a condividere la passione per la musica: ascoltavamo gli Oasis e il rock britannico. Nel tempo, dopo aver suonato insieme in altri gruppi, abbiamo deciso di fondare L’introverso nel 2012.
- Quali sono le vostre influenze musicali?
Da buoni musicisti ascoltiamo un po’ di tutto, ma i due gruppi che ci hanno segnato maggiormente sono stati gli Oasis e gli Afterhours. I primi perché ci hanno stimolato a iniziare a suonare e a scrivere canzoni, il secondo gruppo invece ha dato una svolta al nostro modo di fare musica perché grazie a loro abbiamo iniziato a scrivere in italiano. Questo ci ha permesso di esprimerci in modo più vero e più diretto, essendo l’italiano la nostra lingua madre, e di affezionarci anche di più alla nostra musica.
- Quindi chi scrive i testi?
I testi li scrivo io [Nico] e sono tutti in italiano proprio perché con L’Introverso abbiamo sempre voluto mantenere questa linea.
- Per Shock avete scelto di optare per un lavoro totalmente indipendente: perché questa scelta?
In passato abbiamo collaborato con professionisti che ci hanno permesso di crescere moltissimo però ci sentivamo un po’ stretti, le scelte non sempre erano totalmente nostre e a volte dovevamo mediare con le strutture che ci seguivano. Per questo album abbiamo voluto fare tutto per conto nostro e plasmare il progetto dall’inizio alla fine fino ad arrivare in studio dove abbiamo registrato con Alessio Camagni.
- Il titolo dell’album è Shock: perché?
Da un lato è espressione di un periodo brutto della vita personale di tutti e tre [i componenti della band: Marco Battista (chitarrista) e Giacomo “Futre” Cigolotti (bassista)] che grazie alla musica abbiamo esorcizzato, dall’altro riflette il contesto sociale e ambientale che ci circonda. La crisi climatica, le disuguaglianze sociali e le nostre esperienze personali ci hanno, appunto, “shockati” e così abbiamo voluto scrivere questo album che riflettesse il nostro sentimento.
- Quindi volete raccontare il disagio e la paura delle nuove generazioni: quanto è centrale questo tema nella vostra vita di tutti i giorni?
Molto, singolarmente siamo impegnati nel sociale e per le questioni ambientali. Tutto ciò chiaramente si riversa nella nostra musica anche se non parliamo mai in modo esplicito di questi temi ma solo dei nostri sentimenti a riguardo.
- Che cosa è cambiato nel vostro modo di fare musica dagli esordi a oggi?
Dopo l’ultimo disco il nostro batterista ha deciso di lasciare la band, allora abbiamo scelto di non cercarne un altro e abbiamo optato per una batteria elettronica. Questo ci ha permesso di improntare l’ultimo disco su una gamma di suoni più ampia e più moderna. Quella che era una necessità è diventata una risorsa artistica, noi amiamo vivere il presente e farci contaminare dalla realtà musicale di oggi.
- Rispetto al panorama musicale italiano di oggi qual è il vostro pensiero?
Noi veniamo dall’Indie anche se ci sentiamo alternativi al mondo Indie di oggi, fino a pochi anni fa in quel mondo aveva spazio solo chi urlava o aveva “chitarroni”: invece la nuova svolta melodica che ha preso (con gruppi quali Canova e i primi The Giornalisti) ci piace molto. Si può essere veri anche ricercando una melodia e non per forza negandola, non bisogna eccedere nel mainstream ma si può rimanere melodici.
- Quale brano dell’ultimo album vi rappresenta di più musicalmente e a livello di testo?
A livello di tematica e di titolo forse Demoni è il brano più emblematico e quello che riassume meglio lo spirito dell’album, anche se dall’interno non è mai facile sceglierne uno perché sono affezionato a tutti!
- Prossimi progetti e concerti?
Dal prossimo anno sveleremo le date e i dettagli del nostro tour che partirà all’incirca da febbraio!
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