Il mio obiettivo è di riuscire ad esprimere me stesso tanto nei testi quanto nella musica.
Ghiaccio
Dopo un percorso di quattro singoli, arriva Un Giorno Tutto Questo Ci Farà Ridere, il primo lavoro sulla lunga distanza di Ghiaccio, figlio di un periodo di transizione del musicista trevigiano, in bilico tra rinnovamento e perdita delle passate certezze.
Esorcizzare i momenti in cui il freddo ci pervade con la musica. Così comincia la storia di Ghiaccio, pseudonimo di Stefano Cocco, cantautore classe ‘91.
Ghiaccio è un progetto in cui sfogarsi, fare domande per trovarne le risposte, dopo anni di esperienze musicali nella scena alt-rock e indie italiana (Impero del mare magenta, Alcesti). In rinnovati tappeti musicali cristallini, il pop-rock cantautorale di Stefano racconta sentimenti impregnati di vita quotidiana, quella fatta di incontri, di scontri e di umane debolezze.
Come quando e perchè nasce “Un giorno tutto questo ci farà ridere”
“Un Giorno Tutto Questo Ci Farà Ridere” è il mio primo album, scritto tra il 2019 e l’aprile del 2020 e registrato tra l’ottobre e il novembre del 2020. In esso riassumo le esperienze e sensazioni che hanno costellato il passaggio dal mondo dell’università e della formazione a quello del lavoro, un passaggio che ho vissuto in maniera traumatica per la concomitante fine di una storia d’amore importante e per il successivo insorgere di problemi legati all’ansia.
Mi sentivo spaesato e la mia maniera per rispondere è stata quella di attaccarmi ancora più fortemente all’unica cosa che da oltre 12 anni mi piace fare davvero nella vita, ovvero suonare.
Il percorso di genesi di questo disco, quindi, ha rappresentato per me una sorta di terapia contro la negatività che ha caratterizzato quel periodo.
All’interno di Un Giorno Tutto Questo Ci Farà Ridere c’è lo smarrimento e la voglia di ritrovare un equilibrio perduto. Per quanto nei brani ci siano probabilmente più domande che risposte, il fatto stesso di aver compiuto questo processo creativo mi ha aiutato a vedere con maggiore chiarezza e positività alcuni momenti difficili. Il mio augurio, come palesa il titolo dell’album, è che un po’ di questo senso di sollievo possa arrivare anche a chi lo ascolterà.
Musicalmente, al suo interno unisco le mie naturali vibrazioni musicali oniriche e malinconiche con gli artisti che mi hanno maggiormente influenzato in quel periodo, come Foals, M83, MorMor e, guardando all’Italia gli Amour Fou. Questo album mi ha permesso di cimentarmi con la scrittura dei brani da solo, cosa che non avevo mai fatto prima venendo da un percorso musicale in band. La ricerca di un suono personale è sempre stato un aspetto molto importante per me e questo progetto mi ha dato finalmente la possibilità di approfondire questo processo.
Quattro chiacchiere con Ghiaccio
Perché hai scelto Ghiaccio come nome d’arte?
Mi piaceva legarmi all’immaginario del freddo, metafora di un’emotività spesso tenuta sotto il pelo dell’acqua. Per me la musica è un modo di esprimere le mie sensazioni ed emozioni, talvolta in modo anche irrazionale, che con la musica prendono senso e diventano un modo per raccontarmi.
Quando hai iniziato a lavorare a questo album?
Ho iniziato a pensare che potesse nascere un album all’inizio del 2020. Fino a prima mi ero concentrato solamente sul raccogliere le canzoni che avevo scritto nei mesi/anni precedenti. Suonavo ancora con la mia vecchia band, gli Alcesti, quindi era un’attività che stavo portando avanti più per me come modo per sperimentare un nuovo approccio. Poi lo standby della pandemia e la parallela fine del gruppo mi ha dato il la per concretizzare il tutto.
Di fatto le prime 2-3 canzoni sono nate ancora nel 2018, ma posso dire di aver iniziato a lavorarci seriamente dalla metà del 2019. È stato un percorso molto lungo, di base non ho mai avuto troppa fretta di chiudere tutto perché volevo poter essere sicuro che quello che stavo facendo mi piacesse fino in fondo.
Dei tuoi brani mi ha colpito la sincerità nei testi e la produzione di grande qualità. Sei soddisfatto del risultato?
Grazie! Sì sono molto soddisfatto. Volevo riuscire a esprimere il sound che avevo in testa, che è un po’ un mix di tutte le mie passate esperienze musicali tra post rock e alternative e di altre propensioni sonore che non ero ancora riuscito ad esprimere appieno in band. Per me questo è solo l’inizio del viaggio, dato che scrivo molta musica e ho già molto materiale nuovo, ma penso che sia stato un buon modo per presentarmi.
A cosa è riferito il titolo del disco?
Il riferimento è a tutti i momenti bui che ci sembrano insormontabili nel momento in cui li viviamo. Il mio invito invece è quello a guardare oltre, o almeno provarci, perché per quanto sembri impossibile un giorno riusciremo a ridere di quello che prima ci spaventava.
Qual è il tuo obiettivo per il futuro?
Il mio obiettivo è di fare musica di qualità senza dover scendere a compromessi. Penso che farsi ascoltare da un pubblico ampio sia sempre più difficile oggi, c’è poca attenzione e conta più essere seguiti sui social che avere una proposta musicale originale. Una battaglia persa in partenza, a volerla vedere cinicamente. Per questo io credo nella musica prima di tutto come una fonte di gioia e libertà, oltre che una necessità. Quello che raccoglierò, eventualmente, voglio che venga dalle mie canzoni.
Sono in programma dei live?
Si sono in programma dei live per quest’estate. Ci stiamo lavorando, per ora ci sono un paio di appuntamenti confermati. Proporrò i pezzi del disco in versione elettroacustica in duo chitarra-violoncello, un modo intimo di presentare il disco nella sua essenza. Sono molto gasato da quello che sta uscendo e spero di poter suonare il più possibile.