“Bipolare” è un brano molto importante e al quale sono particolarmente affezionato. Ho pensato il testo come una continua descrizione di situazioni in contrapposizione tra loro, perché credo che ogni individuo abbia, nel suo profondo, una doppia anima con cui deve fare i conti tutti i giorni”.
Daniele Rotondo
“Bipolare” è il nuovo singolo e video di Daniele Rotondo. Il brano, estratto dal nuovo disco “Il mondo è qui” segue l’uscita di “Lasciarsi andare” premiato al Roma Videoclip con il Premio Cinecittà Panalight.
Una canzone che racconta il dualismo presente nel profondo di ognuno di noi dove si incontrano e si scontrano diverse sfaccettature della stessa personalità. Queste, a volte, trovano la loro sintesi in un equilibrio precario mentre, in altre, generano squarci nella nostra anima che si trasformano in opportunità per metterci in discussione.
L’intervista a Daniele Rotondo
Parto subito dal titolo… quindi Daniele Rotondo ha avuto il coraggio di dire una cosa che pensiamo forse tutti, ovvero che siamo bipolari.
Si diciamo che ho avuto questo coraggio. Il titolo è stato molto pensato anche perché “bipolare” è una parola molto importante legata anche a qualcosa di più serio.
Però alla fine era quella che rendeva più l’idea e, scavando un po in me stesso e vedendo anche le persone che mi stanno vicino, ho riflettuto sul fatto che tutti siamo sempre combattuti con questo nostro dualismo nel fare le cose, nel pensare e quindi mi mi sembrava la parola più giusta per riassumere il concetto.
Nel testo ci sono molti esempi di contraddizione ed è voluto per questo.
Penso che in ognuno di noi convivano il diavoletto cattivo e l’angelo buono.
Parlando del testo c’è una frase in cui tu dici “scambi le tue idee ma non ti ascolti mai”.
Esatto. Spesso, sopratutto in questo momento, più sui social che dal vivo, scriviamo senza però darci ascolto veramente, pensando meno. Facciamo un uso improprio della parola scritta, molte volte.
Tu dici anche che questo dualismo però mette anche in risalto le diverse sfaccettature di ognuno di noi e che questo porta a metterci in discussione. Tu quanto ti metti in discussione?
Tantissimo forse anche troppo. Anche nei miei lavori sono indeciso in maniera positiva e costruttiva. Cerco sempre di trovare la giusta strada e la giusta interpretazione in quello che voglio dire. Sono uno che monta e smonta parecchie volte le cose e quindi per arrivare al punto faccio la strada più larga e più lunga.
In questa dualità, Daniele Rotondo è metà musicista e metà… ?
E metà fotografo! Oltre al musicista coltivo molto la passione per la fotografia sia personale che nel live nel mondo della musica. Così mi ritrovo spesso sia sopra il palco che sotto a fotografare grandi musicisti. Questo mi è molto utile anche per il contesto musicale perchè vedo come si comportano i musicisti e vedo come stanno sul palco e mi aiuta per i miei live.
Nel tuo video sei un “cantastorie moderno”. Come ti vedi in questa figura?
Il cantastorie è un personaggio che, nei nostri tempi, si è un po’ perso. Io non sono giovanissimo, ho vissuto tutta la parte cantautorale degli anni ’70 e al momento questa figura nel panorama musicale è meno incisiva dato che la musica ha virato in altre direzioni sopratutto in Italia: mi rifaccio anche al mondo cantautorale americano e nel sound di questo brano si sente.
Questo brano è anche parte del nuovo disco “Il mondo è qui”. Come mai la scelta di questo titolo?
La scelta del titolo è un po’ una frase monito per le persone che ascoltano, per riflettere su questo mondo ormai sempre più digitalizzato dove viviamo le nostre esperienze in modo sempre più virtuale, mentre la vita vera è da un altra parte e spesso si perde il senso della realtà.
Dei tuoi progetti futuri cosa ci puoi raccontare?
Nell’inverno spero davvero di poter tornare a fare musica live che per me è una delle cose più importanti.
Per un futuro più lontano ho già tante idee e quindi… un terzo album direi!
Il video di “Bipolare”
La naturale propensione al palco di Daniele Rotondo è trasposta nel videoclip, girato alla Tenuta dell’Olmo (Roma) per la regia di Diego Coluzzi.
Il protagonista è lo stesso artista nei panni di un cantastorie accompagnato dalla sua band.
Suoni energici e chitarre anni 90 fanno da tappeto musicale a questo dissidio interiore che resta un punto di domanda al quale solo l’ascoltatore, alla fine, potrà rispondere in prima persona.